Il governo della premier Giorgia Meloni è ora nel pieno delle sue funzioni. Dopo la fiducia alla Camera dei deputati incassata il 25 settembre, è arrivato il sì anche dal Senato con 115 voti a favore, 79 contrari e 5 astensioni. Diverse le critiche mosse dall’opposizione, specialmente sulla proposta della Lega di alzare a diecimila euro il tetto all’obbligo di non usare denaro contante, sulla scelta di affidare il ministero della Difesa a Guido Crosetto con relativo rischio di conflitto d’interessi, sulle proteste degli studenti dell’ Università la Sapienza di Roma alle quali la polizia ha risposto con i manganelli.
L’attacco di Scarpinato– Ma soltanto una tra le accuse delle opposizioni ha visibilmente infastidito Meloni, tanto che la premier ha alzato lo sguardo dalla sua agenda e ha portato la mano alla fronte: l’intervento durissimo di Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo eletto a Palazzo Madama con il Movimento 5 stelle. «Signora presidente del consiglio – ha esordito il senatore – il 22 ottobre scorso lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione. Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante». L’attuale maggioranza, ha sostenuto il magistrato, mantiene il carattere di un neofascismo colpevole di voler attentare ai valori della Costituzione e non ha ancora preso le distanze con abbastanza chiarezza neppure da personaggi complici della criminalità organizzata. «Il suo governo si regge su voti di un partito di cui è leader un personaggio che ha avuto prolungati rapporti processualmente accertati con mafiosi e che ha tra i fondatori Marcello dell’Utri, condannato per collusione mafiosa», dice Scarpinato. Ma non è tutto. «Lei e il suo governo siete il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo”.
La replica della premier– Parole talmente forti da provocare l’intervento del presidente del Senato La Russa, che ha bloccato qui Scarpinato. Talmente forti anche da indurre la stessa Meloni ad un’immediata replica. «Mi dovrei stupire di un approccio così smaccatamente ideologico», risponde Giorgia Meloni «ma mi stupisce fino a un certo punto perché l’effetto transfert che lei ha fatto tra neofascismo, stragi e sostenitori del presidenzialismo è emblematico del teorema di parte della magistratura, a cominciare dal depistaggio e dal primo giudizio sulla strage di via D’Amelio. E questo è tutto quello che ho da dire». In realtà la premier, nel fare di Scarpinato il simbolo della magistratura di parte degli anni ’90, si sbaglia. Fu proprio l’ex procuratore generale di Caltanissetta a fare chiarezza sulla strage di via D’Amelio, chiedendo la revisione dei processi Borsellino uno e Borsellino bis.