«Scorie ancora non smaltite dalle ultime primarie», ha detto Piero De Luca dopo il suo declassamento. Il deputato riformista, figlio del governatore campano Vincenzo De Luca, è stato “demansionato” da Elly Schlein. Da vicecapogruppo del Pd alla Camera è diventato segretario con delega sul Pnrr, riforme e sicurezza a Montecitorio. De Luca non ha reagito bene a questa decisione e in un’intervista a La Repubblica ha parlato di una «sorta di vendetta personale». Un declassamento, secondo il deputato, immotivato e basato sulla ripicca di Schlein per non averla sostenuta, come il padre, durante le primarie. Neanche il tempo di archiviare il caso “Schlein sfida i De Luca” che si è aperto subito un altro dibattito. «Io non sono del Pd e non mi iscriverò», così ha esordito alla stampa il sostituto scelto da Schlein come nuovo vicepresidente del gruppo alla Camera Paolo Ciani. A destabilizzare i dem non sono solo queste parole ma le sue posizioni riguardo la guerra in Ucraina. «Sono contrario all’invio di armi», sottolinea Ciani, «anche il Pd ora può cambiare la sua linea».
La fine della dinastia – «Elly Schlein è qui da tre mesi. Lo sport preferito del Pd, cioè quello di criticare subito, deve finire», ha dichiarato il presidente del partito Stefano Bonaccini. Il suo grande elettore campano, Vincenzo De Luca, ha risposto al declassamento del figlio con un post su Facebook indirizzato alla segretaria e al nuovo partito: «In politica, come nella vita, non c’è nulla di più volgare dei radical-chic senza chic».Una frecciatina alla segretaria che sarà a Napoli domenica per partecipare all’assemblea di scioglimento di Articolo 1, a cui De Luca non è stato invitato. Elly Schlein tornerà a Napoli a luglio per manifestare contro l’autonomia differenziata, altro cavallo di battaglia “deluchiano”. Questa vicenda ha creato una spaccatura e, come titola il Domani, forse si tratta del «primo strappo di Schlein». L’ex ministro Lorenzo Guerini ha definito quanto accaduto un “processo al cognome”, il cui “costo” è stato pagato dal figlio del governatore campano. Critiche anche dall’ex ministra Marianna Madia, che ha parlato di «un’operazione punitiva».
L’inizio di Ciani – In parallelo, arrivano le reazioni alle parole di esordio del nuovo vicepresidente del gruppo alla Camera. «Non si cambia la linea del Pd sull’Ucraina con un’intervista», ha detto il deputato dem Piero Fassino. Con voce ancora più decisa interviene la vicepresidente del Parlamento Ue, la dem Pina Picierno dichiarando che nel partito c’è «una grande confusione, ma il sostegno del Pd all’Ucraina non cambia e non cambierà». Filippo Sensi, dem che coglie l’aspetto anche religioso delle parole di Ciani sull’invio delle armi, ha ribadito di essere «cattolico, romano, apostolico e del Pd», ma che il suo sostegno all’Ucraina non vacillerà mai: come a dire che la vicinanza di Ciani alla Comunità di Sant’Egidio non possa giustificare il cambio di passo sulla questione ucraina. Passano le ore e Ciani ha cercato di ridimensionare la vicenda affermando che le sue parole non volevano essere «una presa di distanza dal Pd», ma volevano esprimere alcune sue posizioni specifiche e indipendenti. È stato poi soccorso dalla Schlein che si è sentita «costretta» a chiarire: «Ciani ha parlato a titolo del suo partito, Demos. Sull’Ucraina la linea del Pd è ben chiara. Non c’è bisogno che aggiunga altro».