(foto di Marco Gentili)

Un passo in avanti verso la legge sul suicidio assistito. È stato approvato nella seduta notturna del 2 dicembre delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera l’articolo 3 del disegno di legge. La norma, dettando le condizioni per accedere alla morte volontaria assistita dal servizio sanitario nazionale, costituisce il “cuore” del provvedimento. Per ottenere il via libera sono state accolte alcune delle richieste del centrodestra, che finora aveva fatto ostruzionismo. Le commissioni si riuniranno anche oggi e settimana prossima per approvare il resto degli articoli e portare in aula il disegno di legge per il 13 dicembre.

Le condizioni – Nel testo della disposizione sono state recepite le quattro condizioni per accedere al suicidio assistito che la Corte Costituzionale aveva stabilito con la sentenza 242 del 2019: essere in grado di intendere e di volere, soffrire di una patologia che non può essere curata, avere sofferenze fisiche o psichiche giudicate insopportabili e dipendere da sostegni vitali. Dietro richiesta del centrodestra è stato però modificato un punto rispetto al dettato della Consulta: devono essere presenti entrambi i tipi di sofferenze, sia fisiche che psichiche, non più semplicemente l’una oppure l’altra. L’articolo prevede inoltre che la persona sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative e le abbia rifiutate esplicitamente. Non sono invece state accolte da Pd e M5S altre due proposte, che secondo i critici avrebbero svuotato di significato la norma. Una richiedeva che per “sostegni vitali” si dovessero intendere solo l’alimentazione e idratazione artificiali, mentre l’altra prevedeva l’applicazione della legge solo in caso di patologia con esito infausto e paziente prossimo al decesso.

Due anni di attesa – La già citata sentenza del 2019, oltre a fissare le condizioni affinché il suicidio assistito non sia punibile penalmente, aveva rinnovato il monito al legislatore affinché intervenisse con una norma per regolare la fattispecie. Ciò non è però ancora avvenuto: quando lo scorso 24 novembre il comitato etico dell’Azienda sanitaria unica regionale (Asur) delle Marche aveva dato il via libera al primo suicidio assistito in Italia, lo ha fatto in base alle indicazioni date dalla Corte Costituzionale. Ma manca ancora un ulteriore parere dell’Asur, relativo all’idoneità ed efficacia del farmaco scelto dal paziente a procurare la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile. E così quest’ultimo – Mario, un 43enne ex camionista reso tetraplegico da un incidente stradale – è stato costretto a diffidare formalmente l’Azienda.

Nuovi ostacoli – «È presto per sapere se il Parlamento farà sul serio o se è una mossa solo per dire che ci si è provato, e poi farla finire come il ddl Zan». Marco Cappato ha commentato così, su Twitter, l’approvazione del primo articolo del provvedimento. Il politico e attivista, autodenunciandosi per aiuto al suicidio dopo aver accompagnato Fabiano Antonioni (Dj Fabo) a porre fine alla sua vita in una clinica svizzera, aveva fatto scattare il processo legale che ha portato alla decisione della Consulta. I suoi dubbi sul futuro del disegno di legge sono condivisi dal deputato di +Europa Riccardo Magi: il rischio, secondo lui, è che «tra la manovra da votare a dicembre, la chiusura natalizia e l’elezione del capo dello Stato, tutto finirà su un binario morto». Sullo sfondo il referendum sull’eutanasia legale, che ha raccolto più di un milione e 200mila firme: il quesito chiede l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale sull’omicidio del consenziente, rendendolo applicabile solo in caso di persona minore o di consenso estorto.