La storica battaglia della Lega di Matteo Salvini per la rottamazione delle cartelle esattoriali, di fatto un condono fiscale, si è scontrata ancora con la posizione più prudente e programmatica della premier. Questa volta in un momento di particolare tensione nella maggioranza, con anche i delicati dossier sul terzo mandato dei governatori e la legge sul fine vita che stanno creando più di una discussione fra le forze di centrodestra. E poi c’è il monito dell’Ufficio parlamentare di bilancio, secondo il quale «serve una drastica riduzione dell’evasione».

Meloni, la promessa al ceto medio –  La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo a sorpresa agli Stati Generali dei Commercialisti con un discorso di 12 minuti finito in una standing ovation ha ribadito: «La riforma del fisco, in particolare dell’Irpef, non è conclusa: il prossimo passo è ridurre la pressione sul ceto medio». Una proposta che sarebbe condivisa anche da Forza Italia e meno dalla Lega. In platea c’era il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che non è intervenuto, limitandosi a una battuta con i giornalisti: «Ci sono ancora due anni e mezzo». Non è fatto attendere il commento del vicepremier Matteo Salvini, affidato a una nota uscita poco dopo la convention: «Per la Lega e per il governo una giusta, attesa e definitiva pace fiscale, una rottamazione di milioni di cartelle esattoriali che stanno bloccando l’economia del Paese, sono una priorità, anzi un’emergenza».

Il fiscal drag annulla il taglio del cuneo – Mentre si discute sulle misure da inserire nella prossima legge finanziaria, è arrivato il giudizio dell’Ufficio parlamentare di bilancio sull’ultima manovra del governo Meloni. L’ente, che fa parte dell’apparato amministrativo delle camere ed è un’authority indipendente, ha premiato la spending review dell’ultima legge di bilancio, evidenziando però il problema del cosiddetto fiscal drag, drenaggio fiscale. Quel piccolo aumento negli stipendi dei dipendenti introdotto con il taglio del cuneo fiscale, cioè delle tasse che i datori di lavoro pagano allo stato, è spesso di fatto annullato: per via dall’inflazione e dell’aumento della base imponibile, questo aumento in certi casi sparisce o addirittura va in negativo, perché non dà più diritto a certe detrazioni. Nel caso più estremo, l’aumento lordo prodotto dal taglio del cuneo fa ricadere nello scaglione Irpef superiore.
In sintesi: bene la prudenza, ma le misure diventate strutturali si sono tramutate in un boomerang per i lavoratori, in media un +13% di tasse. Con il potere d’acquisto che rimane invariato, se non diminuito. Come si legge nello studio, i prossimi interventi dovranno finanziarsi con maggiori entrate perché sono finite le voci da cui recuperare fondi. Per questo la suggestione dell’Upb è chiara: «Ogni avanzamento della riforma fiscale non può prescindere da una forte azione di recupero dell’evasione».