Si scrive “terzo mandato”, si legge “spaccatura del Pd”. In generale, dei partiti, delle coalizioni. È una diatriba aperta la proposta che consentirebbe ai presidenti di Regione di rimanere in carica per più di dieci anni. A destra la crepa è tra Fratelli d’Italia e Lega, a sinistra il Partito Democratico non ha una voce univoca. Mentre il braccio di ferro tra contrari e favorevoli, al momento, non sembra avere un vincitore, a esporsi sulla questione è stato il sindaco di Milano Giuseppe Sala in un’intervista al Corriere della Sera: «So che al 99% non verrà mai concesso. Il Pd lo considera un residuo del passato. So che non passerà mai, ma è comunque una battaglia sacrosanta». Sala l’ha fatta sua, la vuole combattere, la Segretaria Schlein no.
Schlein non si tocca – Per il primo cittadino del capoluogo lombardo, serve «una nuova forza che si affianchi al Pd». Anche perché «Schlein è consapevole che manca qualcosa. Il centrodestra vince perché ha Forza Italia». Insomma, alla sinistra serve uno scossone. Al di là della questione terzo mandato, dove c’è una frattura. Ma sulla segreteria di partito, Sala non ha dubbi: «Schlein va supportata per tre motivi. Ha vinto le primarie. Nelle elezioni locali ed europee è andata bene. L’ultimo motivo, anche se può sembrare provocatorio è: se non Schlein, chi? Chi fa il nome di qualcuno che oggi si sentirebbe in grado di candidarsi a segretario del Pd? Lo so che è provocatorio ma è anche molto realista. Smettiamola di mettere in discussione Schlein. È lì per meriti», afferma.
Voci da sinistra – A sinistra (e non solo), in ogni caso, la questione principale da dirimere rimane il terzo mandato. Chi non vorrebbe lasciare la poltrona è il governatore del Partito Democratico in Campania Vincenzo De Luca. La regione ha approvato una legge che gli permetterebbe di ambire nuovamente alla carica, ma il governo l’ha impugnata davanti alla Corte Costituzionale e la sentenza è prevista per la seconda metà di aprile. A un’eventuale svolta si prepara anche il Movimento 5 Stelle. Ma «non diventeremo come gli altri partiti», affermano, secondo quanto riporta Il Giornale, dal partito di Giuseppe Conte. Nessun superamento totale del vincolo dei due mandati, quindi. Solo la possibilità (per quanto riguarda l’organizzazione interna) di ripresentarsi una terza volta con un consenso non inferiore al 75%.
La questione Zaia – Mentre la sinistra prova a trovare un’intesa e ricucire le spaccature interne, sulla legge nazionale del 2004 – che impone il vincolo di due mandati per i governatori di regione – lo scontro è anche tra Fratelli d’Italia e Lega. Soprattutto in Veneto, dove il partito di Giorgia Meloni vorrebbe uno dei suoi a Palazzo Balbi. Ma, dopo aver riunito il proprio Consiglio federale, Salvini & co hanno deciso che «squadra che vince non si cambia». E allora, totale supporto all’attuale presidente Luca Zaia, che punta alla quarta riconferma. Come spiegavamo qui, quando la legge è stata approvata, ogni regione l’ha recepita in tempi diversi. E, poiché non è retroattiva e al tempo il periodo di governabilità in Veneto era già iniziato, è scattata più tardi, nel 2015. Cinque anni in più, insomma, Zaia li ha già fatti. E ha sempre l’appoggio della popolazione.
Lo scontro tra Lega e Forza Italia – Stoccata firmata Lega che è arrivata anche dal presidente del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: «È evidente che ci sono sensibilità diverse all’interno del centrodestra – spiega –. Mi auguro si possa trovare una sintesi, perché c’è stata una proposta di un partito di maggioranza, che è la Lega, che non si può liquidare con un “siamo d’accordo, arrivederci e grazie”». L’attacco è anche a Forza Italia e Alberto Cirio, presidente del Piemonte: «Alcuni partiti che si esprimono contro il terzo mandato, un anno e due mesi fa lo hanno fatto votare a tutte le forze di centrodestra per un loro governatore». Circa una settimana fa, nell’intervento di apertura della kermesse di FI a Rivisondoli, era stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani a chiarire le posizioni del partito: «Siamo contro il terzo mandato perché in democrazia è bene che chi governa per dieci anni non si trasformi in padrone assoluto, ma possa lasciare il passo a un altro della propria coalizione. Non è giusto che un presidente di regione debba rimanere oltre i dieci anni, perché possono esserci altre persone di esperienza».