Il caso Almasri continua a far discutere. Il generale libico, su cui pende un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, era stato arrestato a Torino il 19 gennaio per poi essere rilasciato due giorni dopo e riportato in patria con un volo di Stato. Un altro punto di scontro nel mezzo di una fase di tensione tra magistratura e governo per le incongruenze riguardo alla riforma della Giustizia. Nella giornata di sabato 25 gennaio, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, nelle aule di tutta Italia ci sono state proteste da parte dei giudici.
Meloni – La presidente del Consiglio ha affrontato il caso Almasri durante la visita di Stato a Jeddah, in Arabia Saudita: il rilascio «Non è stata una scelta dell’esecutivo, ma una disposizione della magistratura». In effetti, in assenza di indicazioni arrivate dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, non c’era altra scelta se non la scarcerazione di Almasri. Proprio di questa assenza di indicazioni, giustificata da parte del governo con ritardi di natura burocratica, risponderà il ministro degli Interni Matteo Piantedosi in Parlamento il prossimo mercoledì 29 gennaio.
Le accuse – L’Associazione Nazionale Magistrati, il sindacato delle toghe, ha risposto attaccando Nordio con una nota ufficiale: «Almasri è stato liberato per inerzia del ministro. Avrebbe potuto chiedere la custodia cautelare, perché era stato informato dalla polizia giudiziaria il 19 gennaio e dalla Corte d’appello il 20», si legge. «E avrebbe dovuto farlo per rispetto degli obblighi internazionali». Anche le opposizioni si sono mosse: per la segretaria del Pd Elly Schlein tutta la vicenda è «una prova dell’incoerenza di Meloni, che aveva promesso di non fare favori ai criminali, ma dopo che ne hanno arrestato uno accusato di crimini di guerra l’ha liberato e rispedito in Italia». Nicola Fratoianni, segretario di Avs, definisce la scarcerazione «una scelta politica di cui continueremo a chiedere conto».