La questione trivellazioni torna ad alimentare i malumori del Sud e ad agitare il Movimento 5 Stelle. Dopo il via libera del Ministero dello Sviluppo Economico guidato da Luigi Di Maio a nuove ricerche di giacimenti di idrocarburi nel mar Ionio, in queste ore stanno insorgendo gli ambientalisti e le popolazioni che da anni si battono per la tutela del territorio nelle regioni del Mezzogiorno. Particolarmente vibranti le proteste che arrivano dalla Puglia, cuore di questa battaglia ambientalista che alle ultime elezioni politiche aveva trovato proprio nei 5 Stelle la sponda politica della protesta.
Nuove accuse – Dopo aver sventolato bandiera bianca sui fronti Ilva e Tap per i vertici pentastellati arriva dunque dalla loro base una nuova accusa di tradimento. Sebbene per il momento non ci sia alcuna autorizzazione a mettere in moto le trivelle, i tre permessi concessi alla società statunitense Global Med Llc. per prospezioni (ricerche di idrocarburi) in altrettanti punti all’esterno del golfo di Taranto, sono bastati per scatenare un polverone sull’operato del governo. O meglio, sui mancati provvedimenti destinati a bloccare queste operazioni.
Stop possibile – Per ambientalisti e opposizioni qualcosa si poteva fare per bloccare questi permessi. «Il governo poteva fermare queste trivellazioni, bastava cambiare il piano normativo – ha detto Enzo Di Salvatore, fondatore del coordinamento No Triv – L’aveva fatto l’ex ministro Prestigiacomo nel governo Berlusconi. Non c’è nessun rischio di penali». «Ho preso troppi insulti in passato da questa gente, i Di Maio, La Lezzi, sulle politiche ambientali. Ma se ci tenevano così tanto perché non hanno fatto subito un decreto per cambiare le cose?», ha dichiarato invece a La Repubblica la pugliese Teresa Bellanova (Pd), viceministra allo Sviluppo nel governo Gentiloni.
La difesa pentastellata – «In questi otto mesi abbiamo già fermato tante nuove richieste e presto avrete un piano clima ed energia che proietterà l’Italia verso il 100% di energie rinnovabili», ha scritto Di Maio sulla sua pagina Facebook in un post nel quale ha difeso l’attività del suo Ministero specificando che le nuove ricerche «erano state autorizzate dal governo precedente e in particolare dal ministero dell’Ambiente del ministro Galletti che aveva dato una valutazione di impatto ambientale favorevole». Insomma, il via libera per Di Maio è un atto dovuto, senza il quale si sarebbe commesso un «reato». Anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha precisato che nessuna autorizzazione a trivellare è stata concessa in questi mesi. «Non sono diventato ministro dell’Ambiente per riportare l’Italia al Medioevo economico e ambientale. Anche se arrivasse un parere positivo della Commissione sull’impatto ambientale, non sarebbe automaticamente un’autorizzazione». Costa ha poi aggiunto che nel decreto Semplificazioni sarà presente una norma per lo stop a 40 permessi pendenti.