Monica Cirinnà

La senatrice Monica Cirinnà

La votazione in aula del ddl Cirinnà è slittata al 24 febbraio. Quella del 17 febbraio doveva essere la giornata “definitiva”, invece è stata un flop. Il ddl sulle unioni civili sconta il passo indietro del Movimento 5 Stelle che, dopo avere garantito il proprio sostegno, ha detto “no” al supercanguro. La prassi, che avrebbe permesso di saltare il voto di migliaia di emendamenti, è stata giudicata “antidemocratica” dai grillini.

Senza il sostegno dei pentastellati la legge non sarebbe passata. «Si sono rimangiati tutto: non hanno avuto un filo di vergogna, di imbarazzo… Ma che modo di fare politica è?», si sfoga Monica Cirinnà, senatrice pd madrina dell’omonimo ddl. «La verità è che io pago le delusioni di molti… di chi, e sono tanti, nutriva forti aspettative nell’ultimo rimpasto di governo. Stavano tutti lì ad aspettare il premietto, una promozione. Chi voleva guidare una commissione, chi avrebbe voluto diventare sottosegretario… E allora sono scattate volgari ripicche, atteggiamenti assolutamente disgustosi sia in aula che fuori». Evidente la delusione: dopo la sorpresa, Cirinnà, intervistata dal Corriere della Sera, si dice “amareggiata” e “stanca”, pronta a lasciare la politica se il suo ddl dovesse uscire snaturato dal percorso parlamentare e diventare “una schifezza”.

A presentare la richiesta di rinvio di una settimana è stato il presidente dei senatori dem, Luigi Zanda: «Ieri abbiamo registrato un fatto politico nuovo – ha detto in apertura di seduta – un gruppo che sembrava favorevole a un iter del provvedimento ci ha ripensato. Quindi serve un lavoro di riflessione per riannodare dei fili politici» e, ha insistito, «per fare una buona legge». Secondo Cirinnà il vero problema non riguarda i grillini “voltagabbana”, ma è interno al Pd: «Mi pare evidente che il testo non sia più centrale, è chiaro che ci sono pesantissime questioni politiche da risolvere», ha ribadito la senatrice.

Questioni che lasciano delusi i membri delle tante associazioni gay in attesa di una votazione che può cambiare le loro vite. Molte, tra cui ArciGay, si sono messe in contatto con i grillini accusandoli di essere responsabili del rinvio della votazione. «Un nuovo voltafaccia? Certo, la prima reazione dei nostri sostenitori e degli attivisti dei movimenti gay è stata questa. Sul web mi hanno massacrato, ma io sto spiegando a tutti il motivo del nostro no», ha risposto Alberto Airola, senatore dell’M5S. «L’emendamento Marcucci (il supercanguro) è un mostro anticostituzionale, che di fatto blocca un testo anche nelle virgole, impedendo il dibattito parlamentare. Ci sono altre strade: per esempio, Grasso potrebbe rinunciare al voto segreto. Noi diciamo al Pd: di cosa avete paura? Di voi stessi? Votiamo, emendamento per emendamento, i nostri voti li avrete».

Il timore è che ormai l’intera legge sia a rischio. Una delle ipotesi per uscire dal vicolo cieco è spacchettare il ddl, eliminando la stepchild adoption che è la principale causa di discordia. Cosa che il gruppo Pd non intende fare in maniera preventiva. «Il testo va mantenuto così come è, è già un compromesso, non è immaginabile togliere la stepchild adoption», ha detto il presidente del gruppo Dem a Palazzo Madama Luigi Zanda. «Penso che in Italia si sia in pausa di riflessione da troppo tempo sulle unioni civili. Il testo va mantenuto così come è, è già un compromesso, non è immaginabile togliere la stepchild adoption», ha detto Roberto Speranza.

Chiara Piotto