«Voteremo secondo la nostra sensibilità» ha detto uno dei colonnelli del Pd emiliano dell’area riformista. Ancora una volta il feudo dell’ex governatore Stefano Bonaccini, volato a Bruxelles dopo le ultime elezioni europee, viaggia in solitaria con una sua autonomia e vuole far capire a Roma che l’Emilia-Romagna ha un peso e deve essere ascoltata. Il riferimento è il referendum a cui gli italiani sono chiamati a votare l’8 e il 9 giugno (qui tutti i quesiti).
La situazione in casa dem – Molti dei big democratici hanno già fatto sapere che voteranno solo alcuni quesiti, altri hanno detto che voteranno “Sì” a tutti e 5 e altri ancora che non si esprimono. Ma è proprio in questo fortino, da sempre guidato dal centrosinistra, che la Cgil e Maurizio Landini – segretario generale del sindacato – puntano per riuscire a sfondare il tetto del quorum.
La corrente – Energia Popolare – il gruppo riformista bonacciniano – ha detto “no” ai tre quesiti del Jobs Act, approvato nel 2016 quando il segretario dem e presidente del Consiglio si chiamava Matteo Renzi, creando una spaccatura non da poco con il Nazareno. Ora però il senatore fiorentino è fuori dal Pd, ma ha ancora qualche contatto con i suoi ex colleghi di partito. Chi era nella cerchia renziana, chi ha votato il Jobs Act, non intende cedere e tra questi ci sono alcuni che gli furono fedelissimi. Lorenzo Guerini (ex ministro della Difesa, ora alla guida del Copasir), Marianna Madia (ex ministra dei governi Renzi e Gentiloni), Pina Picierno (vicepresidente del parlamento Ue) e Filippo Sensi (ex capo della comunicazione di Renzi) sostengono la corrente del presidente del partito e hanno fatto trapelare che voteranno “Sì” ai quesiti su cittadinanza e responsabilità dell’impresa committente per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro in caso di subappalti. Una risposta alla dichiarazione della segretaria Elly Schlein dopo il suo commento sulla libertà di voto che l’opposizione dentro il partito ha preso alla lettera, creando un certo malumore. E si pensa già che una volta finita la musica, non ci saranno sedie per tutti. Tradotto: Schlein ha minacciato di non voler dare spazio ai riformisti nelle liste elettorali in vista delle prossime elezioni.
I big emiliani – Ma torniamo in Emilia-Romagna. Il governatore Michele De Pascale ha fatto sapere: «Non condivido la normativa attuale, ma nemmeno quella che uscirebbe dal referendum» chiarendo che voterà “Sì” a cittadinanza e responsabilità delle imprese. Più netta la deputata europea Elisabetta Gualmini: «Sono assolutamente favorevole al quesito sulla cittadinanza, sul resto il referendum corre il rischio di essere inutile». Il leader della corrente ha detto, tramite i suoi social, che «a votare bisogna andarci sempre» senza però far sapere come metterà le cinque croci sulla scheda. Un segnale per i suoi fedelissimi che dice: votate secondo coscienza. In altre parole: fate quello che volete.
I progressisti – Nessun dubbio dal gruppo che sostiene la linea della segretaria. Ha detto che devono essere cinque “Sì” e saranno cinque “Sì”. Matteo Lepore, sindaco di Bologna, ha detto che se i quesiti passano «rafforzeranno il mondo del lavoro e ci permetteranno anche di dare diritti di cittadinanza». Ma se dentro il partito, almeno ufficialmente, la si pensa tutti allo stesso modo, al di fuori pare che le crepe stiano diventando sempre più grandi.