«Il ricambio periodico dei vertici è salutare e, quindi, auspicabile in qualunque organizzazione». L’ultima difesa dello spoils system arriva dal ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo sulle pagine di Quotidiano Nazionale. Prima di lui, a favore del ricambio ai vertici della burocrazia italiana sono intervenuti la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

L’accusa delle opposizioni – Crosetto aveva dichiarato in un’intervista al Messaggero del 28 dicembre 2022 di voler intervenire «con il machete» nei confronti di quei funzionari che bloccano le opere pubbliche. Il Partito democratico, attraverso la sua pagina Facebook, ha accusato il centrodestra al governo di orchestrare «un vero e proprio assalto all’amministrazione dello Stato».

Il ministro Crosetto rimanda al mittente le accuse di lottizzazione selvaggia del Pd: «Non vorrei mai una burocrazia di centrodestra. E così non vorrei una burocrazia di centrosinistra o pentastellata. Vorrei invece una burocrazia terza, a servizio dello Stato». ha dichiarato su Avvenire. «Solo i regimi trasformano le burocrazie in strumenti di lotta politica».

La legge Bassanini – Lo spoils system nella forma attuale ha un padre di centrosinistra: Franco Bassanini, ministro della Pubblica Amministrazione del primo governo Prodi (1996-1998). È sua la paternità dell’omonima legge, approvata nel 1997, che consente a ogni governo di cambiare gli incarichi dirigenziali di ministeri e agenzie (segretari generali, capi dipartimento) entro tre mesi dal giuramento. Interpellato sulle polemiche in corso, Bassanini ha difeso la sua legge: «un nuovo governo che nasce dal voto degli elettori ha il diritto di avere i mezzi e i poteri per attuare il programma sul quale è stato eletto» (La Stampa, 8 gennaio 2023).

Merito e politica – Questo sistema è stato utilizzato dai governi che si sono succeduti dalla fine degli anni Novanta, ma non tutti lo promuovono. Tra i critici dello spoils system c’è il giurista Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale. Per lui la legge Bassanini andrebbe abrogata, perché «tradisce almeno due principi costituzionali, merito e imparzialità», dal momento che la selezione dei nuovi vertici «non avviene tramite concorso o esame comparativo aperto a tutti» (la Repubblica, 7 gennaio 2023), ma attraverso scelte politiche.

Palazzo Chigi

Palazzo Chigi (Roma)

Più potere ai ministri – Nonostante le critiche, il centrodestra non cambia idea. Anzi. Meloni ha ipotizzato una revisione della Bassanini, in modo da estendere il ricambio. In questo modo l’esecutivo potrebbe intervenire anche sui 400 dirigenti che sono reclutati attraverso incarichi pluriennali. Questi ultimi possono non essere rinnovati alla scadenza, ma al momento non sono soggetti allo spoils system. «Se ho la responsabilità, ce l’ho nel bene e nel male» ha detto la presidente del Consiglio, auspicando una riforma per avere «una politica forte e duratura».

Le cariche a rischio – Il 24 gennaio scadono i 90 giorni dal giuramento del governo Meloni e le prime teste sono già cadute. Sono quelle di Giovanni Legnini (Pd), che sarà sostituito da Guido Castelli (Fratelli d’Italia), ex sindaco di Ascoli, nel ruolo di commissario per la Ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 2016, e di Nicola Magrini, che non sarà riconfermato direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). A rischio ci sarebbero anche Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, e Biagio Mazzotta, a capo della Ragioneria dello Stato. Il primo, secondo un’ipotesi riportata dal Corriere della Sera, potrebbe essere rimpiazzato da Antonino Turicchi, attuale presidente di Ita. Per il secondo invece non sembra esserci un sostituto pronto, ma i rapporti del governo con la Ragioneria appaiono tesi al punto che, durante le riunioni per la legge di bilancio, Mazzotta non è mai stato coinvolto.