«Non sapevamo nemmeno se qualcuno avesse mai tentato una cosa simile. Ma crediamo nei nostri progetti ed eravamo convinti di fare la cosa giusta». A parlare dal quartier generale di Cassina De Pecchi, hinterland milanese, è Sara Colnago, numero uno di Business Competence. La sua azienda, che sviluppa applicazioni e software, ha appena vinto in tribunale contro Facebook. Concorrenza sleale e violazione del diritto di autore sono le accuse per cui il colosso californiano è stato condannato in primo grado. Il motivo? Aver copiato l’idea della società milanese e averla trasformata nella funzione Nearby.

Sara Colnago, CEO di Business Competence, insieme ai soci Daniele Barbieri e Piero Iezzi

Sara Colnago e Daniele Barbieri, del team di Business Competence, insieme al presidente di Confcommercio Giovani Imprenditori Alessandro Micheli

La vicenda – Nel 2012 Business Competence ha sviluppato Faround, app di geolocalizzazione che individua dove si trova l’utente e, in base ai suoi gusti, gli segnala negozi e ristoranti presenti nelle vicinanze. Nell’agosto di quell’anno il team milanese aveva avviato la procedura per far diventare il progetto una Facebook App, cioè un’applicazione integrata al social network, utilizzabile senza lasciare la piattaforma. «Abbiamo fatto la cosiddetta submission, la richiesta formale e automatizzata per registrare Faround – spiega Sara Colnago – Facebook ha controllato che l’app rispettasse tutti gli standard e l’ha accettata». Non come app integrata, però, bensì da scaricare separatamente.

Davide contro Golia – Dopo pochi mesi dall’esordio di Faround, nel dicembre 2012 Facebook ha lanciato Nearby, una funzione sostanzialmente identica a quella sviluppata dal team milanese. Sara Colnago e i suoi collaboratori hanno fatto l’amara scoperta nella veste di utenti di Facebook. «Ci siamo accorti che Nearby funzionava allo stesso modo della nostra applicazione – continua la Ceo di Business Competence – Di lì a poco abbiamo registrato un calo nei download di Faround. Abbiamo dovuto interrompere i finanziamenti e chiudere il progetto, perché non aveva più senso». La battaglia del team di Cassina De Pecchi, però, non si è fermata: si è spostata in tribunale e lì ha incassato la prima vittoria, con la condanna in primo grado di Facebook. La seconda buona notizia, poi, è arrivata nei giorni scorsi: la Corte d’Appello di Milano ha rifiutato la richiesta del colosso di Menlo Park di sospendere l’esecutività della sentenza, che è quindi stata resa pubblica.

Facebook Mark Zuckerberg

Ora Fecebook è tenuto a rimuovere la funzione “Nearby” dalla versione italiana dell’app

E adesso? – Con la sentenza emessa, il tribunale di Milano ha stabilito che Facebook deve immediatamente sospendere Nearby su tutto il territorio italiano. Se, a sessanta giorni dalla pubblicazione dei verbali, l’app sarà ancora utilizzabile, il social network di Mark Zuckerberg sarà costretta a versare alla società milanese un risarcimento pari a 5mila euro per ogni giorno “sforato”.

La parola all’imputato – Stringata la replica di Facebook: «Pur rispettando la decisione di Business Competence di citarci in giudizio, siamo in disaccordo con questa scelta e crediamo che l’ordinanza sia sbagliata – ha commentato a Repubblica un portavoce del social network – Le contestazioni sono prive di fondamento e per questo abbiamo fatto appello. Nel frattempo ci atteniamo a quanto disposto dalle autorità giudiziarie». Non resta che attendere la causa di secondo grado, che si aprirà il prossimo 4 aprile.