Lavorare da casa: un argomento spinoso, soprattutto in Italia. La mancanza di controllo del datore di lavoro unita all’assenza di un protocollo di lavoro per obiettivi (e non per ore) ha spesso fatto sì che lavorare a distanza fosse una pallida compensazione per il lavoro in ufficio: un telelavoro, più che uno smart working. Le differenze tra queste due opzioni sono molte ma una è la principale: non importa quanto tempo si passa davanti alla scrivania, quello che conta è la consegna. Quando la pandemia da Covid-19 e il conseguente lockdown hanno costretto milioni di persone a lavorare da casa, da un lato si è presentato il problema della limitazione dei lavoratori che necessitano di attrezzature, dall’altro un’opportunità di flessibilità per chi sta in ufficio.

Non si torna indietro – Jack Dorsey, Ceo del social media americano Twitter, ha da alcuni giorni comunicato ai propri dipendenti con una mail interna che chi vuole continuare a lavorare da casa potrà farlo indefinitamente anche una volta superata l’emergenza sanitaria. Dovranno continuare a presentarsi nelle sedi dell’azienda californiana solo coloro che non possono farne a meno, come chi lavora sul mantenimento fisico dei server. Dorsey ha detto che «gli ultimi mesi hanno dimostrato che il lavoro da casa può funzionare. Se i nostri dipendenti possono lavorare da casa e vogliono farlo per sempre, lo renderemo possibile». Stessa cosa anche per Square, compagnia di pagamenti fondata dallo stesso Dorsey.

Estensione con riserve – Incoraggiamenti per lavorare a casa sono arrivati anche dalle compagnie tecnologiche Google e Microsoft, così come dal social Facebook, dal colosso dell’e-commerce Amazon e dalla finanziaria JPMorgan: tutti hanno cominciato a realizzare test per vedere quanto regga la rete domestica dei propri dipendenti e se il servizio possa essere garantito senza eccezioni. Facebook e Google consentiranno ai lavoratori da remoto di stare a casa fino alla fine dell’anno. Da un lato la società di Zuckerberg, che aveva già garantito ai suoi dipendenti mille dollari di bonus per lavorare a distanza e baby sitter, riaprirà gli uffici il prossimo 6 luglio. Negli stessi giorni ripartiranno anche quelli di Google, come detto dal Ceo Sundar Pichai, che ha annunciato nuove misure di sicurezza per i dipendenti che lavoreranno in sede.

Studio a distanza – Anche le università stanno pensando di estendere la situazione presente oltre la soglia di settembre (che invece resta in Italia). La California State University, che con i suoi 23 campus è una delle più popolose degli Stati Uniti, e la University of California, che ne ha 10, non riapriranno le aule all’inizio del prossimo semestre, almeno non come prima. La CSU ha programmato di cancellare quasi tutte le lezioni con presenza obbligatorie e alcuni campus offriranno solo lezioni da remoto (restano dal vivo gli studenti di medicina e tutti quelli che necessitano di strumentazione per l’apprendimento). In ogni caso i due atenei hanno dichiarato la riapertura anche parziale ai 770mila studenti solo con rigorosi standard di sicurezza, dal distanziamento alla sanitizzazione.

In Italia? – Il nostro Paese sta tentando di colmare il divario in corsa. Prima della pandemia da coronavirus il 46% delle aziende non aveva mai fatto uso dello smart working – ora solamente l’1% conferma questa tendenza. Certo, anche adesso si tratta per lo più di telelavoro: gli 8 milioni gli italiani che lavorano da casa (come riportato dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano) per lo più partecipano a riunioni online, webinar, meeting con le app Zoom, Skype, Hangouts, Meets, WebEx e Workplace. Secondo un sondaggio di Aidp (Associazione per la direzione del personale) l’87% delle aziende sta adottando misure per contrastare il coronavirus, e il 67% ha deciso di ricorrere allo smart working. Gli esempi americani potrebbero un giorno essere copiati anche da aziende italiane, soprattutto dai servizi online, ma per ora non ci sono volontari per il post-Covid. La ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha dichiarato che vorrebbe «che si mantenesse il lavoro agile al 30% come percentuale minima». Si è detta cosciente che con lo smart working si lavori di più, ma sostiene che improntando il lavoro più sul risultato si potrebbe ottenere un maggiore equilibrio tra i tempi della vita privata e quelli del lavoro.