
Come nei tribunali: il riassunto del panel nel disegno di un’artista realizzato con Surface su tablet (@microsoftitalia)
Alla fine la metafora del coltello è sempre vera: ti ci puoi imburrare un toast o tagliarti le vene. Un discorso valido anche per i social media, soprattutto quando ad usarli sono persone considerate diverse per età, genere e corpo. La risposta del panel organizzato il 20 febbraio da Girl Geek Dinners Milano all’interno della Social Media Week è che la diversità in rete può essere più una ricchezza che un rischio. Due delle parole più usate dai relatori sono state « a 360°» e «gettare ponti». Completezza e trasversalità. Ne parla per primo Simone Fanti, giornalista da quindici anni e invalido da dodici. «Le reti sociali hanno fatto uscire molte persone disabili dalla reclusione in cui erano finiti per rabbia o per paura». Fanti è uno dei redattori di InVisibili, blog in versione beta del Corriere.it che «si presenta dal nome». I suoi lettori sono disabili, ma anche no. Il blog ha un pubblico femminile, un po’ giovani e un po’ anziani. Comunità diverse che entrano in contatto su argomenti che non riguardano loro in prima persona. Un’eccezione, perché il web è molto protagonista e poco generoso.
Non a caso uno dei primi rischi della diversità è di finire in uno zoo. Succede alle donne. «La nostra presenza su internet c’è ed è in crescita. Purtroppo però si parla soltanto di tematiche legate tradizionalmente alle donne», spiega Odile Robotti, economista con due passioni, il volontariato e la leadership femminile. Contraccezione, sessualità, problemi di figli e via dicendo. Quando le donne parlano sul web si riferiscono soprattutto a questi temi, perché «non ci hanno insegnato a esprimere la nostra opinione. Se una donna ha un’idea la deve dire, anche se riguarda campi da sempre considerati maschili». La differenza di genere si vede anche sui social media. Dove le donne hanno un atteggiamento molto diverso dagli uomini. «I maschi costruiscono network molto ampi e superficiali, creano connessioni e usano la Rete per auto-promuovere il loro brand. Le donne non lo fanno: sono molto presenti su social come Facebook e Pinterest, non per lavoro ma per pura socialità e hanno network più ristretti», fa il punto Robotti.
L’altra diversità riguarda chi la rete non la conosce e la ritiene inconoscibile. «Per una persona di 80 anni internet è un muro. Noi cerchiamo di far capire loro che questo muro può essere superato. S’impara a usare il computer come s’impara a usare una lavatrice», spiega Rosy Rosato che, con la sua associazione “La Chiocciola“, si occupa di alfabetizzare il popolo straniero del digitale, gli over 65. «Spesso figli e nipoti sono lontani e per loro diventa importantissimo saper usare Skype o internet per poterci parlare», racconta Rosato.
Ad essere alfabetizzati non dovrebbero essere soltanto gli anziani. Molta gente usa internet senza regole né limiti. E uno dei rischi più seri, dei social, è la violenza. Il cyberbullismo riguarda soprattutto gli adolescenti, ma anche persone ben più mature. «È un tema che ci sta molto a cuore, tant’è che abbiamo sviluppato il progetto PhotoDNA insieme alla polizia postale per combattere bullismo e gli altri crimini della rete, come la pedopornografia», spiega Roberta Cocco, direttrice marketing di Microsoft Italia. Costruire ponti sì, ma anche controllare che, poi, non marciscano.
Susanna Combusti