Imbrigliare per cinque secondi l’energia delle stelle. Un’eternità quando si parla di fusione nucleare. È questo il nuovo record registrato dal reattore Joint European Torus (JET) del Culham Center, il maggiore stabilimento di fusione nucleare per fini sperimentali del mondo, situato nell’Oxfordshire, nel Regno Unito. In questo breve lasso di tempo, durante l’esperimento sono stati prodotti 59 megajoule di energia complessiva, superando il precedente primato del 1997 di 21,7 megajoule, stabilito sempre nello stesso impianto. Il risultato è stato comunicato dal consorzio Eurofusion ed è frutto dello sforzo congiunto di molti enti e istituzioni, tra cui anche eccellenze italiane come Eni, Enea – l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
La fusione nucleare – Una nuova fonte di energia pulita e sicura. Questa nuova e promettente tecnologia rappresenta una delle speranze più concrete per il futuro nella lotta alla crisi energetica e all’inquinamento globale. Questo grazie al procedimento su cui si basa, che riproduce quanto accade all’interno dei nuclei delle stelle, a partire dal Sole. Qui normalmente si verifica la fusione di due nuclei di atomi di idrogeno, che libera un’enorme quantità di energia senza emettere gas inquinanti o sostanze radioattive. La difficoltà per la ricerca è quella di replicare in modo artificiale un simile processo sulla Terra, poiché è necessario raggiungere elevatissime temperature per ottenere il plasma – materia riscaldata a tal punto da strappare via dagli atomi gli elettroni e formare gas ionizzato. Si tratta di livelli di calore che nessun materiale solido è in grado di sostenere. La soluzione è offerta dalla tecnologia di confinamento magnetico, ovvero il tokamak – un dispositivo a configurazione toroidale – in pratica un’enorme ciambella che sfrutta diversi magneti. Tramite i super-magneti, vengono generati potentissimi campi elettromagnetici in grado di catturare e ospitare l’energia prodotta, senza che essa entri in contatto con alcun materiale solido.
A differenza di quanto avviene nel Sole dove è il prozio a scatenare la reazione, per la produzione del plasma nel reattore si utilizzano due isotopi dell’idrogeno, deuterio e trizio. Si forma così elio, un gas nobile totalmente innocuo per l’ambiente. In altre parole, si ottiene energia completamente a impatto zero. La fusione nucleare non va confusa con la fissione, il procedimento classico di produzione energetica impiegato da oltre mezzo secolo che produce anidride carbonica e scorie radioattive altamente inquinanti
Nuovo esperimento – I ricercatori di JET hanno realizzato una versione del tokamak ridotta e sferica, più simile alla forma di una mela anziché la classica ciambella. Così facendo sarà più pratico costruire centrali di dimensioni contenute nelle città, riducendo la distanza tra l’impianto che genere energia elettrica e i consumatori finali. Cosa che permetterà di abbattere i costi in termini di trasporti, infrastrutture necessarie e maggior efficienza. Si è anche testato un nuovo rivestimento per il tokamak in grado di funzionare con il duterioo e il trizio. Nel 1997 era stato impiegato come rivestimento il carbonio, ma questo tende ad assorbire il trizio, che è radioattivo. Nei nuovi test che hanno poi portato al record è stato invece impiegato un rivestimento costituito da due metalli, il berillio e il tungsteno, fino a dieci volte meno assorbenti rispetto al carbonio.
Secondo i ricercatori questo esperimento rappresenta «un grande passo in avanti verso una fonte energetica abbondante e sicura».
Il successo è stato celebrato anche da Paolo Batistoni, responsabile della divisione fusione nucleare dell’Enea: «Abbiamo dimostrato che possiamo controllare una produzione di energia stabile, con un basso impatto di CO2», ha dichiarato al Corriere della Sera. Il reattore JET, frutto di una collaborazione internazionale avviata negli anni Settanta, è ormai arrivato agli ultimi anni della sua esistenza e, salvo cambi di programma, il governo britannico prevede di terminare le attività della struttura nel prossimo anno.
Investimenti – Prima di questo nuovo record, lo scorso settembre c’era stato anche il primo test di successo sulla fusione nucleare di confinamento del plasma, condotto in Massachusetts dai fisici del Mit per conto di Commonwealth Fusion Systems (Cfs) – società del Mit che vede in Eni il suo azionista di maggioranza. Un primato mondiale che ha previsto l’impiego di un enorme magnete superconduttore per ricreare il più potente campo magnetico mai riprodotto, con temperature oltre i 100 milioni di gradi e attraversato da un’intensità elettrica pari a 20 tesla (40mila ampere). Il Cfs prevede la costruzione entro il 2025 del suo primo impianto sperimentale a produzione netta di energia, che sarà denominato Sparc. In seguito sarà la volta di Arc, il primo impianto dimostrativo capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica, in arrivo entro il prossimo decennio.
Il futuro – Un nuovo importante progetto internazionale nell’ambito della fusione nucleare, ancora in fase di sviluppo, sarà ITER, il primo reattore sperimentale che sarà costruito grazie alla collaborazione di 35 paesi e avrà sede a Cadarache, nel sud della Francia. Tra i principali contributori saranno coinvolti rispettivamente Unione Europea, Stati Uniti, India, Giappone, Corea del Sud e Russia. Le stime attuali parlano di un avvio dei lavori fissato intorno al 2025, ma potrebbero essere necessari molti altri anni ancora prima di avere a disposizione una centrale a fusione del tutto operativa. L’investimento complessivo ammonta a 13 miliardi di euro. ITER sarà in grado di produrre un’energia complessiva pari a 500 Megawatt e avrà un sistema di raffreddamento molto più efficiente: potrà quindi lavorare a pieno regime e per lungo tempo. Il reattore costruito in Francia potrebbe essere il primo a produrre più energia di quanta ne consumi, azzerando il suo fabbisogno operativo.