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Sundar Pichai, ceo di Google

Cinque tweet per appoggiare la Apple dell’omologo Tim Cook nella sua battaglia contro l’Fbi – il servizio di intelligence americana – che chiede all’azienda di Cupertino di decrittare l’iPhone 5 S dell’attentatore della strage di San Bernardino.

«Forzare le aziende ad abilitare l’hacking può compromettere la privacy degli utenti», ha twittato mercoledì 18 febbraio il ceo di Google, Sundar Pichai, ottenendo oltre duemila retweet.

«Sappiamo che le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence devono affrontare sfide significative nel proteggere le persone contro la criminalità e il terrorismo», ha scritto ancora Pichai su Twitter. E ha poi spiegato che già le aziende garantiscono l’accesso «ai dati sulla base delle leggi vigenti», ma ha precisato che si tratta di qualcosa di molto diverso dall’ingresso forzato nei dispositivi. Per il ceo del colosso americano «sarebbe un precedente preoccupante». E per questo si augura che la discussione su questa materia venga portata avanti.

L’appoggio di Google ad Apple è importante perché anche l’azienda di Mountain View offre un servizio di crittografia per proteggere i dati personali dei suoi utenti. In futuro, quindi, un giudice potrebbe chiedere a Google di decrittare i dati di un utente Android, esattamente come oggi sta accadendo ad Apple. I tweet di Pichai arrivano dopo la pubblicazione, avvenuta il 16 febbraio, della lettera del ceo di Apple Tim Cook. In merito alla vicenda che vede il Governo Americano chiedere all’azienda di Cupertino di realizzare un software per decrittare i dati contenuti nell’iPhone del killer di San Bernardino, Cook ha spiegato che «questo momento richiede una discussione pubblica, e noi vogliamo che i nostri clienti e le persone di tutto il Paese capiscano cosa è in gioco. Finora Apple ha lavorato duramente per supportare tutti gli sforzi del governo per risolvere il caso di San Bernardino».

Ma adesso, ha scritto il ceo di Apple, «il governo ci ha chiesto una cosa che, semplicemente, noi non abbiamo e che consideriamo troppo pericolosa da creare: vogliono che realizziamo una backdoor per iPhone». Nello specifico, l’Fbi vuole una nuova versione del sistema operativo di iPhone che raggiri molti degli strumenti per la sicurezza e che questo venga installato su iPhone. Il pericolo è, secondo Cook e Apple, che «nelle mani sbagliate questo software – che al momento non esiste – potrebbe avere il potere di sbloccare qualsiasi iPhone in possesso di qualcuno». E anche se l’Fbi usa parole diverse per descrivere questo strumento, per Cook non ci sono dubbi: «E anche se il governo assicura che questo uso sarebbe limitato solo a questo caso, non c’è alcuna garanzia di un controllo».

La questione potrebbe interessare presto anche altri colossi tecnologici come Facebook e Microsoft. Nelle prossime ore si attendono le dichiarazioni di Mark Zuckerberg e Satya Nadella in supporto ad Apple.

Chiara Baldi