Una  delle  schede dell'Arduino

Una delle schede Arduino

In casa Arduino la tensione si taglia col coltello. Vanto tecnologico del made in Italy, il progetto di hardware open source rischia di crollare sotto i colpi della guerra intestina tra i suoi fondatori. E il campo di battaglia è solo uno, il business. Con oltre oltre 700mila kit venduti e un giro di affari di oltre 15 milioni di euro l’anno, la fortuna della società sembrava destinata a durare nel tempo.

Tutto inizia nel 2005 quando cinque brillanti teste decidono di sviluppare Arduino, una piccola scheda elettronica che consente di creare facilmente dispositivi sia per hobby sia per un uso professionale. Con quest’idea il team composto da Massimo Banzi, David Cuartielles, Tom Igoe, David Mellis e Gianluca Martino arriva a imporsi sulla scena internazionale in pochi anni.

Nasce così una fabbrica ad Ivrea per la produzione delle schede sotto la direzione di Gianluca Martino. Tra chip, circuiti e silicio il brand in dieci anni si rafforza attirando un pubblico di “Maker”, costruttori, da tutto il mondo. Poi la crisi di questi giorni. Quattro soci, tra cui Banzi, vorrebbero internazionalizzare il brand mentre per Martino l’obiettivo è quello di arrivare a 50 milioni di fatturato nei prossimi tre anni e preparare lo sbarco in Borsa. Globalizzare la produzione delle schede infatti danneggerebbe, secondo Martino, la produzione italiana.

La contrapposizione tra le parti, attualmente impegnate in azioni legali per questioni di copyright, è evidente anche in rete. Martino si presenta con il nuovo portale Arduino.org mentre il team di Banzi fa riferimento all’indirizzo storico Arduino.cc.

Diana Francesca Cavalcoli