Social o non social. Il dilemma shakesperiano si sta declinando secondo forme nuove, e investendo un’opinione pubblica più che mai divisa sul tema. La necessità di regolamentazione si scontra con le libertà digitali, che spesso sfuggono ai vincoli statali. L’accesso di minori alle piattaforme ha provocato un incremento di challenge estreme, che mettono a rischio la salute dei bambini. La vigilanza governativa sta aumentando di pari passo alla loro costante ascesa, ma le misure adottabili devono tener conto del sistema legislativo esistente, in primis dei diritti costituzionali su cui si fonda la Repubblica.

Il caso – Procurato allarme. È questo il capo d’accusa per un utente Facebook che, nel pomeriggio del 14 febbraio, aveva scritto sul proprio profilo di essersi svegliato con la voglia di “uccidere tutti”. L’uomo, 52 anni campano ma residente nella provincia di Pistoia, è stato prontamente rintracciato e denunciato. Il Centro nazionale anticrimine informatico per la tutela delle infrastrutture critiche, che si occupa del continuo monitoraggio di social network e siti web, lo ha segnalato alla Questura di Pistoia perché potenzialmente pericoloso. Nel suo post l’uomo affermava di volersi liberare di tutti coloro che si mettevano sulla sua strada, domandandosi anche se un vigile urbano potesse essere considerato un essere umano. La polizia ne ha rintracciato l’abitazione e appurato che le sue erano solamente frustrate farneticazioni. Ora però di fronte all’uomo grava una denuncia che potrebbe costargli fino a 6 mesi di carcere.

E la libertà di espressione? – Il caso del pistoiese va ad alimentare un dibattito in corso da tempo, riguardante il rapporto tra legge e social network. Per evitare che Facebook, Instagram e Twitter si trasformino in zone franche libere dalle istituzioni, lo Stato sta ampliando la sua rete di controllo, istituendo organi preposti alla vigilanza digitale. Provvedimenti che molti considerano sacrosanti e anzi tardivi, ma che potrebbero scontrarsi con le libertà costituzionali garantite dallo stato di diritto. L’articolo 21 della Costituzione italiana afferma infatti che “tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Questo diritto si allarga ai social network che, pur avendo logiche proprie, sono tutelati – e sanzionati – dalla legislazione italiana. Il provvedimento preventivo della polizia pistoiese dunque potrebbe risultare incostituzionale, in quanto il 52enne stava solamente esercitando la propria libertà di espressione. Il dibattito social non si limita però agli adulti, ma investe anche i più piccoli.

Limiti d’età – L’Italia è ancora scossa dal caso della bambina di 10 anni che, partecipando a una sfida su TikTok, si è stretta una cintura intorno al collo morendo soffocata. Il caso di Palermo non è stato l’unico di questi mesi, anzi, il processo di emulazione che ne è seguito ha portato molti a domandarsi se l’accesso ai social network non dovesse essere dichiaratamente limitato dalla legge, per tutelare i minori. «Il consenso al trattamento dei dati personali può essere dato autonomamente solo da chi ha compiuto 14 anni. Prima serve l’assenso dei genitori», dichiara la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti, intervenuta ai microfoni di Italia Oggi. Una questione, quella del limite di età che si scontra con la legislazione europea. Per il regolamento Ue un bambino può accedere, in alcuni casi, al trattamento dei propri dati senza bisogno dell’approvazione dei genitori. Ma questa norma varia di Paese in Paese, e in Italia il limite d’età è fissato ai 14 anni, mentre per la stipula di un contratto a 18. Le app social fissano il proprio limite a 13, ignorando la legislazione statale. «Seppur è vero che spesso si tratta di servizi gratuiti, essi comportano la cessione di un valore: i dati personali. È quindi fondamentale che chi ha più di 14 anni sia consapevole di quale utilizzo verrà fatto dei suoi dati, inclusi quelli relativi al proprio comportamento in rete – spiega Garlatti – Allo stesso modo è necessario che sia evitata la profilazione del minorenne per ragioni di marketing, se non per finalità di tutela e sicurezza». Il codice civile italiano non consente quindi né di dare il consenso privacy né di stipulare un contratto che tratti i dati personali dei minori di 14 anni. Il problema della legittimità di accesso ai social network da parte dei bambini trova risoluzione dunque nel sistema giuridico italiano, che ne vieta la registrazione senza il consenso dei genitori.