Quella contro le campagne di advertising dei siti web, le pubblicità che si aprono da sole, per capirci, è una lotta quotidiana. Poi c’è chi, invece, invocando la pirateria, ha deciso di combattere gli adblocker, ovvero i software che impediscono i banner, i pop-up e tutte le altre forme di sponsor online. Lo sviluppo di questo tipo di tecnologia è un incubo per gli editori: secondo uno studio di PageFair solo nel 2015 l’industria pubblicitaria online ha perso più di 22 miliardi di dollari a causa degli adblocker.
«È semplice, se le persone non pagano in qualche modo per i contenuti, questi ad un certo punto non esisteranno più», ha detto John Whittingdale, l’equivalente britannico del nostro ministro della Cultura. «E questo vale allo stesso modo per il giornalismo che per il nuovo album dei Muse». Durante un intervento alla Oxford Media Convention, Whittingdale ha annunciato che il governo ha intenzione di intervenire sulla questione degli adblocker, che sono una minaccia reale per la sopravvivenza dell’industria giornalistica e musicale. A essere condannata è in particolare la pratica del “whitelisting”: compagnie come Adblock Plus offrono agli editori la possibilità di pagare affinché la loro pubblicità non venga bloccata dal software. Per essere inseriti nella whitelist però non bastano i soldi, bisogna che la campagna di advertising rispetti le “linee guida della pubblicità accettabile”: non deve occupare più del 15 per cento delle pagine, interrompere la lettura, non confondere il lettore o intaccare la rilevanza del testo.
«Il mio istinto politico mi dice che la chiave per risolvere questioni come queste è l’autoregolamentazione, ma il governo è pronto ad aiutare in ogni modo possibile», ha aggiunto Whittingdale. L’idea è quella di una tavola rotonda che coinvolga editori, social media e compagnie di adblocking. Una mediazione sembra necessaria, soprattutto perché nel mondo dell’editoria non c’è, per ora, un’altra fonte di ricavi efficace quanto la pubblicità: gli esperimenti di paywall o i contenuti sponsorizzati sono diffusi, ma non sufficienti a sostenere i costi senza il supporto degli inserzionisti.
Federica Scutari