Margrethe Vestager e Anthony Blinken al quarto meeting del Trade and Technology Council a Lulea, in Svezia.
Fonte: (EPA/Jonas Ekstromer)

Asse Usa-Ue per prevenire i pericoli delle intelligenze artificiali. Un unico obiettivo: creare un codice di condotta comune per mitigare i rischi delle nuove tecnologle le cui possibilità di sviluppo restano ancora nebulose. Il codice sarà aperto alle aziende del settore tecnologico su base volontaria.
Questo è il risultato dell’incontro che si è tenuto mercoledì 31 maggio a Lulea, in Svezia. Da un lato Anthony Blinken, segretario di Stato americano, dall’altro Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione europea. In mezzo c’è la preoccupazione per una tecnologia che in poco tempo è salita alla ribalta. La prima bozza del testo è stata solo annunciata, ma comunque verrà divulgata nelle prossime settimane.
La questione delle IA ha assunto rilevanza internazionale negli ultimi sei mesi, cioè da quando ChatGPT ha fatto irruzione nei computer privati a livello mondiale. Tuttavia, l’Unione europea si era portata avanti con i lavori e aveva già abbozzato l’AI Act in tempi non sospetti, nel 2021. Il processo legislativo si è trascinato fino al 2023 e proprio a giugno di quest’anno la proposta, arricchita da altre 108 pagine, dovrebbe essere votata dal Parlamento europeo.
Vestager ha espresso preoccupazione per i tempi di applicazione: sempre che venga approvato dal Parlamento europeo a giugno stesso, si dovrebbero aspettare almeno due o tre anni prima di vedere la piena applicazione nei 27 paesi dell’Unione. Tre anni che non sono compatibili con i tempi rapidi della tecnologia.
Nell’attesa, per tamponare il buco legislativo, il codice di condotta comune dovrebbe mettere un freno ai potenziali rischi tecnologici e sociali. L’invito all’adozione del testo, però, per il momento è rivolto «a tutti i paesi che condividono le stesse idee», come ha detto Blinken riferendosi ai paesi considerati “democratici”

Preoccupazione globale – Il quarto incontro del Trade and Technology Council, condotto da Blinken e Vestager, è arrivato all’indomani della lettera aperta firmata dal 350 esperti del settore tecnologico che lanciano un allarme: l’intelligenza artificiale potrebbe portare all’estinzione dell’umanità. Fra i firmatari della lettera aperta ci sono anche Sam Altman, CEO di quella OpenAI che ha creato ChatGPT, ma anche Demis Hassabis, amministratore delegato di DeepMind, la costola di Google che sta sviluppando la propria IA. Non è il primo delle allerte lanciate nel mondo della tecnologia: già a marzo diversi esperti avevano chiesto un’interruzione nello sviluppo della tecnologia per permettere di valutare i rischi per l’umanità. Fra i sostenitori dell’iniziativa anche Elon Musk, CEO di Twitter e SpaceX, che tuttavia poche settimane dopo l’appello aveva annunciato la propria startup per la creazione di un’intelligenza artificiale chiamata X.AI.
Non solo il mondo accademico e delle aziende, anche dalla Cina sono stati espressi timori nei confronti di uno sviluppo incontrollato della tecnologia. Martedì 30 maggio è stata diffusa una nota da parte dello stesso Partito comunista cinese, che si allinea alla preoccupazione globale sull’IA: bisogna «capire i rischi, prendere precauzioni, salvagurdare gli interessi del popolo e la sicurezza nazionale, assicurando l’affidabillità e la capacità di controllare l’intelligenza artificiale», queste le parole riportate dal Beijing Youth Daily.
Anche su questo fronte si giocherà la partita fra Cina e Stati Uniti. Ce lo ricorda anche Henry Kissinger, diplomatico statunitense che negli anni Settanta ha creato le condizioni per la normalizzazione dei rapporti fra i due paesi. In un’intervista rilasciata al giornale The Economist in occasione del suo centesimo compleanno, lo statista ha individuato nella competizione tecnologica la potenziale miccia per fare esplodere la rivalità fra la Repubblica popolare e gli Usa.
In questo contesto, trovare un primo accordo fra i paesi occidentali potrebbe essere un primo passo per tendere una mano all’Asia avendo come obiettivo quello di creare un framework legislativo comune a tutte le superpotenze tecnologiche.