mac“On January 24th, Apple will introduce Macintosh. And you’ll see why 1984 won’t be like 1984” (Il 24 gennaio 1984 Apple Computer presenterà Macintosh. E allora capirete perché il 1984 non sarà come 1984). Con queste parole si concludeva trent’anni fa lo spot trasmesso negli Stati Uniti, durante la finale del SuperBowl, con cui Apple sfidava IBM. Annunciando l’inizio di una nuova era informatica.

Era il 22 gennaio 1984 e il Macintosh entrava nelle case di milioni di americani con un cortometraggio costato più di 750 mila dollari e diretto dal regista inglese Ridley Scott. Un chiaro riferimento al romanzo futuristico 1984 di George Orwell, l’azienda informatica di Cupertino si propone come la luce che spezza le catene dei concorrenti, rappresentati come il “Grande Fratello” che tutto spia e controlla dall’alto del suo potere.

Due giorni dopo, il 24 gennaio, il co-fondatore di Apple, Steve Jobs, presentò al pubblico, estraendolo da uno zaino, il primo computer accessibile a tutti, non solo ai professionisti del settore informatico. Intuitivo, facile da usare, di dimensioni contenute ed economico, il Mac era dotato di un mouse e di un innovativo sistema operativo grafico (non più testuale) con icone facili da capire come il cestino, la scrivania e le finestre, posizionate sul desktop. Lo stesso sistema operativo che qualche anno dopo “ispirò” Windows. Per utilizzarle, bastava semplicemente un pulsante: per aprirle bastava cliccarci due volte sopra, mentre per spostarle era sufficiente tenerle premute e muoverle.

Alla macchina potevano, poi, essere connesse altre periferiche, come il floppy disk, il modem e la stampante. Negli Stati Uniti il computer venne venduto a 2.495 dollari e in Italia a quattro milioni e mezzo di lire. Nei primi tre mesi ne furono venduti 50.000 pezzi, grazie anche alla campagna promozionale con cui vennero pubblicizzati. Il nome Macintosh giocava sull’assonanza con una mela molto diffusa negli Usa, la McIntosh (le mele rosse da cui si fa il succo ndr.), utilizzando una parola familiare che, allo stesso tempo, richiamava la Apple stessa. Una rivoluzione culturale prima ancora che informatica, destinata a rivoluzionare la storia del terzo millennio, l’era dei computer.

Silvia Morosi