Un Dc 8 della Nasa vola utilizzando carburante di origine vegetale

Un Dc 8 della Nasa vola utilizzando carburante di origine vegetale

Bruciate piante per le vostre turbine. La Nasa sta portando avanti dallo scorso 28 febbraio una serie di esperimenti per testare l’impatto di nuovi biocarburanti di origine vegetale sui motori degli aeromobili, sulle emissioni e sulle scie di condensazione rilasciate ad alta quota. Il Dryden Flight Research Center sta testando i nuovi combustibili nella base aerea di Edwards, nel deserto di Mojave, circa 90 miglia a nord di Los Angeles.

I serbatoi di un Dc-8 quadrimotore dell’agenzia aerospaziale americana sono riempiti in parte solo con il kerosene tradizionale Jp-8 e in parte con una miscela 50/50 tra questo Jp-8 e un carburante alternativo derivato dalla camelina, una pianta le cui proprietà in materia bioenergetica sono note da qualche anno. Ad oggi, però, nessuno aveva mai tentato di sperimentare su un aeroplano un carburante derivato da questa pianta. Il Dc-8, una volta raggiunta la quota di 40.000 piedi (circa 14280 metri), viene seguito ad una distanza variabile che va dai di 300 piedi (circa 100 metri) alle 10 miglia (circa 16 chilometri) da un HU-25 Falcon che monta una dozzina di sofisticati macchinari il cui compito è quello di analizzare “on air” il pulviscolo e i gas. “Questo studio migliorerà la comprensione della formazione delle scie di condensazione e dei potenziali benefici sul piano ambientale dati dall’utilizzo di carburanti alternativi e rinnovabili”, ha detto Ruben Del Rosario, manager del progetto “Subsonic fixed wing” della Nasa.

Per avere dei riscontri attendibili la Nasa ha fatto sapere che occorrono almeno tre settimane di test. Una volta conclusa questra prima fase, seguirà un processo di elaborazione e revisione dei dati che dovrebbe portare tra un anno alla seconda fase della sperimentazione, definita ACCESS, che sarà più complessa ed estesa. Saranno infatti coinvolti altri centri Nasa tra cui il Glenn Research Center di Cleveland e il Langley Research Center di Hampton, Virginia.

Federico Thoman