Solo 500 chilometri dividono il gigante ghiacciato dalle coste dell’Atlantico meridionale. E’ la fine di un lungo viaggio dell’iceberg A68a attraverso l’oceano, durato circa 3 anni, che spaventa scienziati ed ecologisti. Il mondo aspetta la collisione, un disastro annunciato ma inevitabile le cui conseguenze non sono ancora state definite con precisione. Incerto è anche il ruolo del global warming, che al momento non sembra esserne il responsabile.

Enorme – Lo hanno definito un iceberg da record, con una estensione di circa 3 mila chilometri quadrati, praticamente poco più piccolo del Molise, e uno spessore di 200 chilometri. All’inizio della sua corsa misurava circa 5800 chilometri quadrati, ma durante il viaggio si è rotto in più pezzi, il più grande dei quali è proprio l’A68a, l’osservato speciale.

La rotta – Si è staccato dalla piattaforma antartica Larsen C, nella zona nord occidentale del Mare di Weddell, nel luglio del 2017 e da quel momento gli scienziati stanno monitorando la sua rotta. Fino a oggi ha percorso, senza che nessuno riuscisse a trovare un modo per fermarlo, un tratto di mare di 1500 chilometri, e ora minaccia l’isola di South Georgia, territorio britannico nell’Atlantico Meridionale. Il ghiacciaio sta seguendo quella che viene chiamata dagli scienziati «iceberg alley» o «viale degli iceberg», la rotta verso nord che seguono tutti i blocchi che si distaccano dall’Antartide.

Lo schianto – L’isola su cui punta l’A68a è poco più grande dello stesso iceberg, soli 4200 chilometri quadrati di superficie. E’ un territorio completamente inospitale per gli uomini, A preoccupare è però l’effetto sull’ecosistema marino. Oltre 2 milioni di pinguini, ma anche pesci, foche, balene e lo stesso fondale rischiano una distruzione senza precedenti. L’urto causerebbe una vera e propria moria con ripercussioni sull’intero sistema che potrebbero protrarsi per quasi un decennio. Inoltre non si esclude l’ipotesi che l’impatto possa avvenire durante il periodo della schiusa delle uova, cioè tra dicembre e gennaio. L’arrivo del ghiacciaio, con il suo scioglimento, porterebbe acqua dolce causando la decimazione delle colonie di krill, piccoli crostacei di cui si nutrono i piccoli di pinguino.

La missione degli scienziati – La squadra di scienziati della British Antartic survey è pronta a monitorare e osservare la collisione con l’isola di South Georgia, e i suoi effetti. Arriverà a bordo della James Cook, una nave capace di trasportare sommergibili e robot per studiare l’ecosistema marino. «Monitoreranno la temperatura e la salinità dell’acqua di mare e raccoglieranno misurazioni della concentrazione di clorofilla e retrodiffusione, essenzialmente quanto è limpida o meno l’acqua» – spiega l’ecologo della Bas, Geraint Tarling – «I dati sulla clorofilla daranno un’indicazione di quanti fitoplancton sono presenti nell’acqua. Questi organismi sono proprio alla base della catena alimentare. Vengono mangiati dai krill, che a loro volta vengono mangiati dai principali predatori del territorio».

La speranza – E’ stato definito un disastro naturale annunciato, ma ci sono ancora speranze di evitarlo. L’iceberg potrebbe infatti evitare lo schianto nel caso in cui la forza della corrente circumpolare riuscisse ad intrappolarlo in una sorta di loop intorno a sé stesso o a largo dell’isola, oppure se andasse incontro al collasso, cioè un graduale scioglimento che lo farebbe sprofondare in poche ore. Bisognerà aspettare qualche settimana per saperne di più.