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Roberto Boffi, responsabile centro antifumo dell’Istituto dei Tumori di Milano

Roberto Boffi, medico pneumologo e responsabile del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori (INT) ci aiuta a capire l’importanza delle nuove norme sul fumo, entrate in vigore dal 2 febbraio.

Le nuove norme costituiscono un buono strumento per la lotta alla dipendenza da fumo? Se sì in che termini?
Rispetto alla legge del 2005 ci sono sicuramente delle migliorie. Su tre fronti principalmente. Il primo è quello del fumo passivo che, oltre a far danni alla salute, è causa di inquinamento ambientale. Basta pensare ai mozziconi o al fatto che si continuano ad esalare sostanze nocive per tre minuti dopo aver spento la sigaretta. Sarebbe opportuno quindi prima di entrare in macchina aspettare. C’è poi l’aspetto della smoking cessation ovvero smettere di fumare. A questo scopo è mirata l’eliminazione dei pacchetti da 10 e il divieto di usare aromi. Le nuove norme lavorano poi per dissuadere i giovani dall’iniziare a fumare. Penso alla lotta al drum, di moda tra i ragazzi, tramite le limitazioni sui grammi in vendita e l’uso di immagini shock.

Tra i nuovi divieti c’è quello di fumare in auto in presenza di donne e bambini. Quali sono i danni del fumo passivo in questi casi?
Il fumo passivo rappresenta un problema per queste categorie sensibili e anche per le persone affette da asma. Per le donne i rischi sono grossi: si va dal parto prematuro, a un sottopeso del bambino alla nascita, fino al rischio di aborto o morte in culla. Ci sono studi che dimostrano una correlazione tra il fumo e questa tipologia di eventi. Andrebbe anche vietato l’uso della sigaretta elettronica nei luoghi chiusi in quanto rilascia comunque metalli pesanti e sostanze nocive che possono causare broncospasmo nei pazienti affetti da asma.

Pensa che la norme siano sufficienti? Cosa si potrebbe fare di più?
Sicuramente queste campagne contro il fumo hanno un impatto. Possono diventare l’occasione per i fumatori di uscire dalla dipendenza. Bisogna però tenere presente che l’85% di loro smette da solo e al quarto tentativo. Quello che manca è un ulteriore investimento dello Stato per costruire una rete di aiuto e supporto. Una buona idea è il numero verde ma servono anche aiuti a chi compra farmaci per le cure oncologiche.

Diana Cavalcoli