“Un fenomeno decisamente ai massimi livelli della scala di intensità. Una manifestazione tra le più devastanti sia per durata che per forza”. Anche la scienza si sorprende per il tornado che ha colpito lunedì 20 maggio l’Oklahoma causando la morte di almeno 91 persone, tra cui 20 bambini. “ln una scala da 1 a 5, il fenomeno che ha colpito l’area di Oklahoma City è di classe F5, cioè il massimo previsto”, dice Massimiliano Pasqui, ricercatore dell’Ibimet, l’Istituto di Biometeorologia del CNR. “In genere questi fenomeni hanno una durata di poche decine di minuti, mentre ieri è durato addirittura 40 minuti, un’enormità”.
Prevedere dove e come si scateneranno i tornado è ancora difficile. “Per la loro natura intrinseca, è possibile solo prevedere la genesi del fenomeno ma non la sua evoluzione”, afferma il ricercatore. Anche se le statistiche indicano che vi sono zone più colpite delle altre: quella in cui lunedì si è abbattuto il tornado è chiamata, non a caso, Tornado Alley. “La vulnerabilità di quest’area è legata al passaggio di perturbazioni e alla risalita di correnti molto umide dal Golfo del Messico che spesso presentano delle ‘super celle’ convettive che possono generare i tornado”. Un passaggio però del tutto imprevedibile, che rende quasi impossibile dare con largo anticipo l’allarme, anche in aree frequentemente colpite.
Neanche l’Italia è immune dal fenomeno. Solo il 3 maggio scorso, un potente tornado ha devastato diverse aree dell’Emilia fra il modenese ed il bolognese, causando danni ad abitazioni e capannoni industriali attorno alla zona di Castelfranco Emilia, Bentivoglio e San Giorgio, già colpite dal terremoto. E, nel novembre del 2012, un altro devastante tornado si abbattè sul porto di Taranto, causando anche una vittima. “Tutte le nostre coste sono a rischio così come la zona dell’Emilia” – dice Massimiliano Pasqui. “Da noi, però, l’intensità è decisamente inferiore”.
Francesco Loiacono