Trasformare l’acqua di mare in potabile? Ora si può. L’Istituto Italiano di Tecnologia ha elaborato un filtro, una spugna multistrato, contenente grafite espansa che sarebbe in grado di rendere potabile l’acqua di mare e di trasformare l’umidità dell’aria, sfruttando l’energia solare. Da anni i ricercatori di Genova, guidati da Denise Fragouli, erano alla ricerca di un prodotto in grado di rimuovere le sostanze nocive dall’acqua e capace di risolvere l’emergenza idrica. Sono infatti oltre due miliardi, secondo quanto indicato dall’Onu, le persone nel mondo con carenza di acqua potabile, un numero che sembra destinato ad aumentare nei prossimi anni. Ecco perché la desalinizzazione del mare (il 96.5% dell’acqua presente sulla Terra) e l’umidità atmosferica possono giocare un ruolo fondamentale in questa sfida globale. Ma come funziona questa spugna?

 

Non è magia – Nella ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Acs-Applied Materials & Interfaces, il gruppo Smart Materials dell’Iit di Genova spiega come alla base di tutto ci sia la grafite, rivoluzionaria per le sue capacità e le sue funzioni. La grafite infatti riesce a recuperare acqua potabile da mare e aria con una percentuale del 99%, sfruttando il calore del sole. Il progetto si basa su elementi naturali, senza l’impiego di alcuna fonte d’energia, se non quella solare. La spugna, ultraleggera e galleggiante, rientra tra i materiali fototermici: riscaldandosi sotto la luce del sole recupera grandi quantità d’acqua grazie all’evaporazione veloce, partendo da una temperatura di 29 gradi. In questo modo, il dispositivo riesce a generare acqua potabile.

Speranza – La spugna Hepf (Hidrophisically enhanced photothermal foam) può essere usata, come spiega l’Iit: “per cicli multipli di idratazione e disidratazione e un solo grammo può raccogliere due grammi di acqua in un ciclo. Il dispositivo ha un sistema di raccolta d’acqua pensato per essere trasportabile con facilità nei paesi aridi, in prossimità di specchi d’acqua salata o nelle imbarcazioni come metodo d’emergenza in caso di carenza d’acqua dolce, o ancora nei territori caratterizzati da elevata umidità ma con scarsa disponibilità di acqua potabile a causa di eventi catastrofici o contaminazioni”. Una speranza per i Paesi in via di sviluppo che l’Istituto italiano sta alimentando per raggiungere l’obiettivo di fabbricare su larga scala metodi economici di accesso all’oro blu.