youtubeNon sono bastate le scuse e la promessa di Google di mettere mano agli strumenti che regolano la pubblicità online. Più di 250 grandi imprese mondiali hanno deciso di lasciare Youtube, la piattaforma video di Google, dopo che i loro annunci pubblicitari sono comparsi accoppiati a materiale eversivo, come filmati legati al terrorismo o contenuti incitanti a violenza e odio. Tra gli addii sono presenti marchi importanti. Come il gruppo finanziario Lloyds, L’Oréal, McDonald’s, il Royal Mail (il servizio postale britannico ora privatizzato), il Transport for London e i gruppi automobilistici Renault, Audi, Honda, Volkswagen e Toyota. Gli ultimi a ritirare i propri annunci da Youtube sono state le due multinazionali farmaceutiche Johnson & Johnson e GSK, oltre alla compagnia di telecomunicazioni Verizon e la compagnia telefonica At&T, entrambe statunitensi. Il danno economico complessivo per Google non è ancora stato quantificato.

Google corre ai ripari – Un’errore nella politica pubblicitaria, che Google rischia di pagare caro. Le imprese hanno giustificato il ritiro dei propri banner pubblicitari definendosi indignate nel vedere il proprio marchio collegato a video violenti e discriminatori. Per evitare di regalare un grossa fetta del mercato pubblicitario digitale al concorrente Facebook, con il quale detiene un duopolio della pubblicità online, Google ha deciso di correre ai ripari. Ha annunciato nuove iniziative per il contrasto ai contenuti d’odio, la cui diffusione sul web dovrebbe essere in qualche modo limitata il più possibile. Ma la vera svolta è stato l’annuncio, anche se forse è ormai tardivo, di “salvaguardie ampliate per gli inserzionisti”: ciò significa che, presto, potranno più facilmente escludere le tipologie di contenuti a cui non vogliono affiancare le loro pubblicità e saranno liberi di stabilire a quali contenuti associare il proprio marchio.

Controllo dei contenuti – Google si trova così costretta a fronteggiare i limiti che la pubblicità computerizzata ha mostrato, soprattutto attraverso il “programmatic advertising”, che si basa su algoritmi e analisi dei “big data” in modo da proporre la migliore pubblicità alla persona giusta. Il controllo umano potrebbe certo servire a evitare casi come quelli che si sono verificati, ma controllare tutti i filmati uno per uno è un’impresa impossibile. Secondo un calcolo del quotidiano inglese The Guardian, Google dovrebbe assumere 50 mila dipendenti e affidargli il compito di guardare filmati per otto ore al giorno, tutti i giorni.