Persépolis._Palais_de_Darius_ridimensionata

Il palazzo di Dario I, re di Persia, a Persepoli

Anche 2.500 anni fa l’ortografia e l’attenzione alla punteggiatura non erano rispettate da tutti. Sulle pareti dei palazzi imperiali di Persepoli, in Iran, sono stati trovati alcuni refusi.

A scoprire gli errori sulle tavole, grandi manifesti di carattere propagandistico redatti dagli scribi di corte e incise dagli artigiani, il filologo Adriano Rossi dell’Università degli studi di Napoli L’Orientale, l’unico ateneo al mondo in cui sono insegnate le tre lingue dell’antica Persia, l’antico-persiano, l’elamico e il babilonese.

Rossi – in qualità di direttore della missione epigrafica DARIOSH (Digital Achaemenid Royal Inscription Open Schema Hypertext) – ha spiegato ai colleghi iraniani il metodo di studio che gli italiani applicano alle iscrizioni dei palazzi imperiali sotto Ciro Il Grande, Dario, Serse e i suoi successori, dal 560 al 330 a.C.

Gli errori scovati nelle iscrizioni trilingui possono riguardare «in alcuni casi l’omissione di un segno cuneiforme, in altri di segni scritti in modo che noi riteniamo “sbagliato” dal punto di vista dell’ortografia», dice Rossi. Ad esempio, il nome del grande dio della dinastia achemenide, Auramazda, è scritto come se Aura e Mazda fossero due parole separate, e non una sola.

Di ritorno dall’ultimo viaggio in Iran, il filologo dell’Orientale sta curando una nuova edizione critica delle iscrizioni trilingui, che fa seguito alla prima e ultima pubblicata nel 1911 dallo studioso tedesco Weissbach, quando si  conoscevano poco più della metà delle iscrizioni note oggi. Gli archeologi italiani sono sempre stati in prima linea negli scavi della città imperiale di Persepoli, e con  il nuovo corso del presidente Hassan Rohani, gli scambi si sono intensificati.

«I legami sono sempre stati forti, ma solo ora se ne inizia a parlare. Dopo anni di lavoro in Iran abbiamo ora una nuova generazione di dirigenti iraniani nei posti giusti, ed è verosimile che questa collaborazione possa migliorare grandemente. Ormai non sono pochi i giovani iraniani che vengono a studiare in Italia e naturalmente i legami si rinsaldano sempre maggiormente», conclude Rossi.

Silvia Morosi