L’app Share The Meal, disponibile sia per iPhone che per Android

L’app Share The Meal, che finora ha permesso la condivisione di quasi due milioni di pasti

L’obiettivo è ambizioso. Azzerare la fame nel mondo. Con uno smartphone e 40 centesimi di euro. È quello che provano a fare Sebastian Stricker e Bernhard Kowatsch attraverso Share The Meal, un’app sviluppata in collaborazione con il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite che il 12 novembre debutta in tutto il mondo.

Se, infatti, nei Paesi più ricchi con mezzo dollaro non ci compri neanche un caffè, altrove la stessa cifra è in grado di fornire una razione giornaliera di cibo. Inoltre, gli utilizzatori di smartphone nel mondo (circa 2 miliardi) sono 20 volte più numerosi dei bambini che soffrono la fame (100 milioni). E, quindi, se coloro che hanno un dispositivo fossero disposti a donare anche solo 40 centesimi di euro, tutti i bambini senza cibo mangerebbero per 20 giorni.

«Condividere un pranzo è una pratica che unisce tutte le persone nel mondo», ha spiegato la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale, Ertharin Cousin. E, da oggi, «chiunque abbia uno smartphone può aiutare chi ne ha bisogno», ha aggiunto Sebastian Stricker, co-fondatore dell’app.
Il meccanismo per donare è semplice: basta scaricare l’applicazione (gratuita) da uno degli store per Apple o Android, registrarsi e inviare tutti i pasti che si vuole con due semplici tocchi sullo schermo. Un progetto con potenzialità enormi. La cui versione di prova, lanciata nel giugno 2015 in Austria, Germania e Svizzera, è riuscita a coinvolgere più di 120.000 utenti e a fornire oltre 1,7 milioni di pasti ai bambini del Lesotho, Paese dell’Africa australe.

In questo caso, invece, i fondi raccolti verranno inizialmente destinati ai bambini siriani rifugiati nel campo di Zaatari in Giordania. «La speranza – ha spiegato Massimiliano Costa, portavoce del team Share The Meal – è quella di avere entro Natale abbastanza pasti condivisi per riuscire a dar da mangiare a questi bambini per un anno». Poi, se il progetto dovesse avere successo, potrebbe spostarsi e aiutare altre zone del mondo.

Andrea Cominetti