Una cellula staminale mesenchimale

Una cellula staminale mesenchimale

Cellule staminali per riparare una fistola bronchiale, che metteva in pericolo la vita di un uomo di 42 anni. A usarle, per la prima volta, sono stati Lorenzo Spaggiari e la sua equipe, all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano. Un passaggio importante, uno dei primi dalla ricerca di laboratorio all’impiego pratico delle staminali e il primo nella chirurgia pneumologica. Le staminali, cellule primitive e non specializzate, hanno la capacità di trasformarsi in altre con forma e funzioni precise. Da tempo si cerca di applicarle alla riparazione dei tessuti danneggiati e questa ricerca tutta italiana, pubblicata sul New England Journal of Medicine, può aprire la strada a un nuovo importante strumento per i molti malati di tumore al polmone.

 

È questo lo scopo per cui sono state usate allo IEO, su un pompiere di 42 anni affetto da mesotelioma, una grave forma di tumore polmonare. L’uomo aveva dovuto subire in precedenza l’asportazione del polmone destro, ma l’operazione gli ha provocato la formazione di una fistola: un piccolo canale nel bronco, che metteva in pericolo la sua vita. I medici hanno deciso di riparare la lesione con cellule staminali mesenchimali, cioè adulte, prelevate dal midollo osseo dello stesso paziente. Dopo averle fatte riprodurre in laboratorio, ne hanno impiantate dieci milioni nella lesione, attraverso una broncoscopia, un’operazione mini-invasiva. Le staminali hanno quindi iniziato a riprodursi e si sono trasformate in tessuto connettivo bronchiale. Dopo due mesi, la lesione del pompiere era completamente guarita.

Nel suo articolo, il dottor Spaggiari non nasconde che la strada da fare sia ancora molta. Una lunga sperimentazione sarà indispensabile prima di poter utilizzare la tecnica in maniera generalizzata e passare da un caso a tanti. Le potenzialità di questa tecnica, realizzata anche grazie alla collaborazione della Fondazione Cà Granda e alla sperimentazione animale presso la Facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano, sono però senza dubbio rivoluzionarie.

Antonio Lusardi