Facebook dovrà pagare 110 milioni di euro di multa all’Unione europea. Al momento dell’acquisizione di Whatsapp nel febbraio 2014 l’azienda di Mark Zuckerberg aveva assicurato all’Antitrust comunitario che non avrebbe collegato gli account dei due social network. Cosa che, invece, è puntualmente avvenuta con un aggiornamento dell’applicazione di messaggistica istantanea datato 25 agosto 2016. Per questa azione, che nel gergo delle istituzioni europee va sotto il nome di “informazioni fuorvianti”, Facebook dovrà pagare un conto molto salato.
Pentiti e soddisfatti – «Si tratta di un chiaro segnale alle società che devono rispettare le regole Ue, incluso l’obbligo di fornire informazioni corrette». Così, ha commentato la decisione Margrethe Vestager, commissaria europea alla concorrenza, che ha anche definito la sanzione inflitta «proporzionata e deterrente». In altri termini, da un lato il bilancio di Facebook è in grado di far fronte a un esborso imprevisto di 110 milioni di euro – cifra che rappresenta l’1% del fatturato del 2016 del gigante di Menlo Park. Dall’altro, la multa è comunque sufficientemente alta da costituire una garanzia che Facebook non commetterà altre infrazioni.
We need accurate #facts to do our job. @facebook now fined 110 mio € for giving wrong/misleading information when it took over WhatsApp.
— Margrethe Vestager (@vestager) 18 maggio 2017
In realtà, l’ipotesi iniziale di sanzione ammontava a 250 milioni. Facebook era infatti accusata di aver mentito per ben due volte all’Autorità. Una prima volta al momento dell’acquisizione di Whatsapp, quando aveva garantito che non sarebbe stato tecnicamente possibile collegare l’identità del social network con il numero di telefono utilizzato per inviare messaggi. Una seconda alla fine del 2016, quando aveva risposto in maniera giudicata fuorviante alla richiesta di chiarimenti da parte di Bruxelles. Alla decisione finale di ridurre la multa ha contribuito il comportamento collaborativo di Facebook che ha ammesso l’infrazione. E un portavoce dell’azienda ha così commentato l’annuncio della multa: «Abbiamo agito in buona fede sin dalle nostre prime interazioni con la Commissione Ue e abbiamo cercato di fornire informazioni accurate ogni volta».
Web monopoli – L’economia digitale è sempre più spesso sotto la lente dell’Antitrust europeo. La multa più alta mai comminata, pari a 1,06 miliardi di euro, è stata inflitta proprio a un’azienda del settore: lntel. Un record che potrebbe essere però presto battuto, quando uno dei tre casi contro Google arriverà a conclusione. Secondo indiscrezioni, Big G potrebbe essere costretto a pagare fino a 7 miliardi per i suoi comportamenti ritenuti anticoncorrenziali. Dal 2004, poi, il comparto del web ha accumulato 3,8 miliardi di euro di sanzioni: nessun altro settore economico ha fatto peggio. Infine, il cartello dei produttori di monitor ha dovuto sborsare 1,8 miliardi per aver creato una lobby a danno di consumatori e aziende rivali. E non sono solo le autorità europee ad occuparsi dei giganti del web. Solo 5 cinque giorni fa, il 12 maggio 2017, l’Antitrust italiana ha inflitto una multa di 3 milioni di euro a Facebook. Motivo ancora una volta le informazioni poco trasparenti fornite agli utenti di Whatsapp che venivano indotti ad accettare la condivisione di informazioni con Fb. Altrimenti, sembrava, sarebbe stato impossibile continuare ad utilizzare il servizio di messaggistica istantanea. Cosa che, ovviamente, non corrispondeva al vero.
Ravvedimento – La collaborazione di Facebook con le autorità per la concorrenza si presta comunque a una considerazione. Può darsi che le grandi aziende informatiche siano spaventate dall’attenzione loro dedicata dall’Antitrust europeo. Ma è anche possibile che le multe milionarie rappresentino ormai un semplice costo da mettere a bilancio come tutti gli altri per società che fatturano miliardi di euro l’anno (i ricavi 2016 di Facebook ammontano a 8,81 miliardi, in crescita del 50%). E, a giudicare dalle cifre in gioco, non è escluso che certe sanzioni contino poco di fronte ai possibili ricavi di un comportamento irregolare.Secondo i dati dell’Agcom nel 2016 sono stati inviati 22,8 miliardi di Sms, il 27% in meno dell’anno precedente, il 76% in meno del 2012, anno in cui raggiunsero il picco. Conversazioni che si sono spostate in blocco su Whatsapp: una miniera di dati e informazioni personali di valore inestimabile, di certo superiore a 110 milioni di euro.