«È inaccettabile che una piattaforma globale con 28 milioni di utenti solo in Italia, che dice a parole di voler combattere l’hate speech, usi poi la censura contro chi denuncia l’odio attraverso la pubblicazione di oscenità e violenza mentre non interviene nei confronti di chi lo mette in atto e se ne fa vanto». Laura Boldrini interviene sulla questione del cosiddetto “stupro virtuale” e, dal suo profilo, si scaglia contro Facebook.
La vicenda – Le parole di condanna della presidente della Camera sono l’ennesima reazione a un fenomeno emerso in Italia negli ultimi tempi, ma in realtà presente da anni: gruppi chiusi su Facebook, popolati da uomini, nelle quali vengono condivise foto di donne comuni poi sottoposte ai commenti anche pesanti degli utenti, ovviamente a sfondo sessuale. È stato ribattezzato “stupro virtuale” e le prime denunce rintracciabili sui media online risalgono al settembre del 2011, mentre nel 2016 casi simili sono emersi in Australia, Francia e Regno Unito.
In Italia – Impossibile quantificare con precisione le dimensioni del fenomeno, potenzialmente vastissime vista la popolarità di Facebook (che viaggia verso quota due miliardi di utenti in tutto il mondo). Così come è complicatissimo risalire al gruppo che per primo ha lanciato sui social network la pratica dello stupro virtuale. Nei giorni scorsi alcuni utenti italiani hanno rotto il silenzio, riuscendo a far arrivare la questione all’opinione pubblica. Fra di loro anche Arianna Drago, «una ragazza che» dice Laura Boldrini «ha avuto il coraggio di denunciare un fenomeno intollerabile». Una parte del suo post è però stato oscurato da Facebook per il mancato rispetto degli standard della comunità.
Sotto accusa – Un fatto che ha causato lo sfogo della presidente della Camera, la prima a schierarsi contro il social network di Zuckerberg: «Su quali standard si regge questa comunità?», si chiede la Boldrini, «e quali di essi Arianna avrebbe violato portando all’attenzione una pratica squallida e fortemente lesiva della dignità e dei diritti delle donne? Invece di intervenire immediatamente per chiudere questi gruppi, molti dei quali agiscono ancora sul social network, Facebook ha bloccato lei che li denuncia».
Gli standard – Facebook dedica una sezione apposita agli standard della sua comunità, pensati per far sì che le persone si sentano al sicuro quando accedono al social network. Tra i contenuti vietati ci sono “nudità o altri contenuti sessualmente espliciti”, “istigazione all’odio, minacce credibili o attacchi diretti a un individuo o a un gruppo”. Tuttavia non è chiaro quali sono le modalità in base alle quali gli amministratori giudicano se gli standard sono stati violati oppure no. Per esempio le foto e le immagini riversate sui gruppi di stupro virtuale vengono sottratte a profili “normali” di donne adulte e adolescenti. Formalmente non presentano dunque nudità, anche se è difficile spiegare come faccia Facebook a non giudicare i commenti posti a corredo come istigazione all’odio.