Maggiori controlli e tutele per i minori. Sono state accettate le richieste del Garante della Privacy indirizzate verso la piattaforma cinese di video sharing Tik Tok, che dal 9 febbraio vieterà l’accesso ai ragazzini italiani minori di 13 anni. Le misure hanno iniziato a essere invocate con urgenza dopo la morte, il 21 gennaio a Palermo, della bambina di 10 anni, che si è strozzata per aver partecipato a una sfida forse incontrata sulla piattaforma cinese.

tik tokL’ultimatum  – L’Autorità, nel suo ultimatum a Tik Tok lanciato il 25 gennaio, aveva messo l’accento sulla facilità con la quale, mentendo sui propri dati anagrafici, veniva aggirato il divieto di iscriversi alla piattaforma. Il Garante aveva inoltre accusato il social cinese di una scarsa tutela dei minori, di violazioni della privacy e di poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni agli utenti. Dopo che l’Autorità aveva chiesto il blocco del trattamento di nuovi dati, era arrivata la risposta della compagnia cinese, che all’inizio aveva preso tempo. Ora invece, con le nuove modifiche, l’azienda provvederà a una verifica di tutti gli account italiani, per i quali scatterà il blocco immediato in caso di mancata conferma dell’età anagrafica. Per aumentare il livello di sicurezza dei controlli verranno raddoppiati i moderatori di contenuti in lingua italiana. Inoltre verranno utilizzati con larghezza altri algoritmi di intelligenza artificiale, per poter identificare i casi di comunicazione di dati falsi da parte dei minori. Dal 4 febbraio al via anche il lancio di una campagna informativa di sensibilizzazione sia nell’app che sui media tradizionali e online. Nell’operazione saranno anche coinvolti le principali tv nazionali e il Telefono Azzurro. Infine, come già annunciato il 25 gennaio, sulla app ci sarà un pulsante per segnalare istantaneamente gli account dietro i quali si potrebbe nascondere un minore di 13 anni. L’Autorità italiana si è comunque riservata di verificare l’efficacia delle nuove misure, in modo da scongiurare altre vicende simili a quella di Palermo

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(Foto Ansa)

L’ombra delle challenge Da Jonathan Galindo alla Blue Whale challenge, dalla Momo alla Blackout. Sempre in bilico tra fake e casi accertati, sono molte le sfide potenzialmente letali che da anni girano sul web e purtroppo colpiscono spesso i più giovani. Ma sulla tragedia di Palermo, attribuita da tutta la stampa nazionale a una sfida che girerebbe sulla piattaforma Tik Tok, non ci sono prove certe di un coinvolgimento del social cinese. Se in un primo momento le indagini degli inquirenti avevano ipotizzato un collegamento tra la Blackout challenge e Tik Tok, in realtà sul telefonino della bambina che si è soffocata in bagno con la cintura dell’accappatoio non è mai stata trovata la presenza di video o altri contenuti pericolosi. L’unico indizio che avvalora l’ipotesi iniziale è stato dato dalla sorellina della bambina che aveva parlato alle autorità di episodi precedenti definiti come “il gioco dell’asfissia” in una deposizione definita comunque dagli inquirenti confusa e disordinata. Diverso invece era stato il caso del 2018 di Igor Maj, il quattordicenne trovato morto con una corda attorno al collo. In quell’occasione era infatti stato trovato un video nel telefono del ragazzo, visto dal giovane su Youtube proprio un’ora prima dell’incidente. Va detto che le prove di un collegamento tra la tragedia di Palermo e Tik Tok potrebbero comunque emergere in futuro con il progredire delle indagini.