«Torneremo sulla Luna e andremo su Marte perché possiamo farlo, perché siamo naturalmente portati ad esplorare». Tommaso Ghdini, capo della divisione di strutture, meccanismi e materiali dell’Agenzia spaziale europea (Esa), intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Milano, cita il discorso di Kennedy che lanciò la sfida con l’Urss per portare il primo uomo sulla Luna. Perché l’esplorazione spaziale non si riduce a una questione tecnica e di ricerca di tecnologie e risorse concrete da riportare a terra. È anche, e forse soprattutto, una volontà di scoprire l’ignoto e superare i nostri limiti per il solo gusto di farlo.

«Abbiamo costruito una base lunare» – L’annuncio è di quelli forti: abbiamo già realizzato basi lunari funzionanti. Un pallone gonfiabile come quello dei campi da tennis ricoperto da uno strato di sabbia per proteggerlo da radiazioni e micrometeoriti, per un peso di una tonnellata e mezzo. Ghidini aggiunge però che l’abbiamo fatto, sì, ma sulla Terra. Queste basi sono state fatte utilizzando soltanto manodopera robotica, sabbia simile a quella lunare e l’energia del sole. L’esperimento è servito a testare una delle principali rivoluzioni della ricerca spaziale: poter costruire il più possibile, anche un’intera base, direttamente sul posto, evitando di spedire il materiale dalla Terra con costi molto superiori. L’obiettivo è avere per gli anni Venti basi funzionanti sulla Luna che lavorino insieme ad una base orbitante attorno al nostro satellite. Serviranno per ottenere risorse naturali come l’elio-3, che potrebbe portare ad energia nucleare senza scarti radioattivi, per svolgere attività scientifica e per preparare il viaggio su Marte.

Destinazione Marte – La speranza dell’Esa è di vedere il primo uomo su Marte per i primi anni Trenta. Molte ricerche di oggi hanno l’obiettivo di rendere possibile quel viaggio. Ridurre il materiale, e quindi l’ingombro e il carburante necessari, da caricare sull’astronave alla partenza è una delle questioni ricorrenti. Oltre alle costruzioni fatte di sabbia extraterrestre, un altro campo di studi è quello del cibo. Poter coltivare a bordo il cibo degli astronauti sarebbe un grande risparmio di spazio, visto che non servirebbe portarsi scorte per anni. Il viaggio per Marte durerà almeno 500 giorni di sola andata, più il tempo trascorso sul pianeta e il ritorno. I sei astronauti dovranno anche gestire lo stress psicologico di condividere lo spazio ristretto dell’astronave in un viaggio che non si può annullare nemmeno in caso di emergenza. Anche questo aspetto sta venendo testato. Gruppi di astronauti sono stati isolati per quasi due anni in un ambiente simile a quello della navicella che andrà su Marte. Tutte le condizioni sono state simulate, compreso il ritardo di 40 minuti nelle comunicazioni con la Terra. Sulla stazione spaziale internazionale è stato provato Simon, un robot sferico capace di interpretare le espressioni del viso per capire le emozioni. Simon seguiva fluttuando in assenza di gravità il comandante della stazione, il tedesco Alexander Gerst, parlandogli e cercando di aiutarlo quando lo vedeva triste o nervoso.

Le ricadute sulla Terra – La ricerca spaziale non è soltanto un elaborato gioco per scienziati ed ingegneri. Tommaso Ghidini insiste molto su come le tecnologie inventate per l’esplorazione spaziale possano, una volta perfezionate, essere usate nella vita quotidiana dei comuni cittadini. Simon per esempio può essere un aiuto per le persone sole o anziane. La ricerca sul coltivare tanto cibo in ambienti piccoli e chiusi può contribuire a sfamare la popolazione mondiale e gli edifici costruiti solo con sabbia ed energia solare possono essere di grande aiuto in caso di catastrofi naturali quando bisogna realizzare ripari per gli sfollati in modo veloce ed economico. Anche la medicina si evolve grazie alla ricerca spaziale. All’università della South Carolina è stato creato in laboratorio un rene completo e funzionante facendo sviluppare cellule staminali. È un organo creato dal nulla, o quasi, ed è un esempio di come gli astronauti potranno avere accesso perfino ad organi su misura in caso di emergenza medica. Resa di uso comune, questa innovazione potrebbe voler dire la fine delle liste d’attesa per gli organi e delle crisi di rigetto.

Cercasi filosofi – Ghidini chiude l’intervento riaffermando il ruolo fondamentale delle università. La ricerca e l’esplorazione spaziale sono progetti a lungo termine, che hanno continuamente bisogno di forze fresche, di nuove competenze che si sviluppano in primo luogo nelle università. Ci sarà bisogno di ingegneri, di biologi, di astronomi, ma anche di psicologi e di filosofi. Perché «un viaggio del genere è prima di tutto filosofico, non scientifico. Parte tutto dalla decisione ideologica di provarci».