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Anonymous lancia l’offensiva contro il cyber Califfato

Dopo i fatti di Parigi la parola del giorno torna “cyberattacco”. Ossia la minaccia dell’Isis di assaltare i sistemi informativi delle infrastrutture che usiamo tutti i giorni: reti elettriche, linee aeree, ospedali. L’ultimo a denunciarla è il cancelliere inglese George Osborne: “L’Isis sta cercando di capire come sferrare attacchi informatici contro il nostro Paese”, la tesi riportata martedì 17 al Quartier generale del governo inglese, secondo le anticipazioni della BBC.

Le minacce rendono ancora più urgente la necessità di individuare i terroristi proprio sul web. E’ lì che si organizzano attraverso social media, Skype, Whatsapp ma anche sistemi più avanzati. Come Telegram, su cui si possono creare chat cifrate che si “autodistruggono” a tempo, o Signal che permette telefonate protette da password. Addirittura, come ha annunciato il ministro belga Jean Jambon, l’attenzione dei servizi di intelligence è diretta ora verso le chat della Playstation 4 oppure quelle di alcuni giochi, come World of Warcraft, che permettono di comporre messaggi inaccessibili alle autorità.

Di fronte a queste nuove tecnologie la Francia aveva approvato negli scorsi mesi norme più restrittive sulla sorveglianza. E la National Security Agency, il potente organismo governativo americano, raccoglie ogni giorno 25 miliardi di dati. Ma tutto ciò non è servito a sventare gli attacchi di venerdì. Dove mancano i governi ci prova Anonymous, la rete internazionale di hacktivist, che domenica ha pubblicato un video in cui annuncia: “Smaschereremo i terroristi”.

Anonymous tira fuori #OpParis, strategia molto simile a quella utilizzata dopo Charlie Hebdo. In sostanza, attraverso parole chiave cerca di individuare online presunti jihadisti, reclutatori o simpatizzanti. Le segnalazioni vengono fatte sulla chat pubblica AnonOps, su cui gli attivisti segnalano non solo centinaia di profili Twitter e Facebook sospetti ma anche decine di siti web da colpire per sottrarre informazioni. Molti sospetti vengono individuati anche in automatico attraverso i bot, robosoftware che setacciano gli hashtag. Tutte le segnalazioni vengono poi inserite in fogli elettronici, controllati da un gruppo più ristretto di attivisti che ne verificano l’attendibilità.

Se il soggetto monitorato usa con frequenza le parole sospette oppure pubblica online slogan, foto e video di matrice fondamentalista, gli esperti di data analysis cancellano gli account Twitter o Facebook e oscurano il sito su cui scrive. Oppure, se il simpatizzante appare particolarmente pericoloso, gli hacker approfondiscono il monitoraggio, cercando le relazioni fra il soggetto ed altri simili. Infine realizzano un dossier, il cosiddetto doxing, passato eventualmente alle autorità. Eventualmente, perché i rapporti tra Anonymous e governi sono instabili. L’intelligence cerca di collaborare con le operazioni anti-Califfato degli hacktivisti, ma molti la considerano un’ingerenza. Soprattutto coloro che non dimenticano che, quando Anonymous non si occupa di terrorismo, il più delle volte è preso di mira dai governi occidentali per le attività illegali spesso intraprese sul web.

Angelica D’Errico