Dopo aver occupato per giorni le prime pagine dei giornali, la Turchia non poteva non essere uno degli argomenti di discussione al Festival internazionale del giornalismo 2015. Ad animare il dibattito, c’era Efe Kerem Sozeri, ricercatore turco all’università di Amsterdam e autore di diversi articoli sulla libertà di stampa e la censura in Turchia. Sozeri ha illustrato i risultati delle sue ricerche e messo in luce una “guerra della Turchia a Twitter”, che ha causato finora la chiusura di oltre 100 account e la censura di oltre 2 mila tweet.

Il 6 aprile l’accesso a Twitter, Faebook e Youtube è stato completamente bloccato in tutta la Turchia per diverse ore in seguito alla diffusione delle foto del procuratore turco Mehmet Selim Kiraz detenuto come ostaggio da due uomini armati del gruppo marxista-leninista DHKP/C. Il presidente turco ha minacciato di fare lo stesso con Google se non avesse rimosso quelle immagini dai suoi contenuti.

Non si è trattato però di un episodio isolato. Il primo incrocio di spade tra governo turco e Twitter porta la data il 18 marzo 2014, quando una Corte turca ha emesso l’ordine di bloccare un account anonimo, @oyyokhirsiza (che significa “nessun voto per i ladri”), che diffondeva accuse di corruzione contro il partito di Erdogan, l’AKP. Il 20 marzo 2014, a soli 10 giorni dalle elezioni in Turchia, Erdogan stesso minaccia di “spazzare via” Twitter e a mezzanotte dello stesso giorno l’accesso al social media viene bloccato in tutto il Paese. Twitter si appella alla Corte Suprema turca che impone al governo di sbloccare l’accesso a Twitter. Il blocco tuttavia rimane in vigore per ben due settimane e viene rimosso solo dopo la fine delle elezioni locali. Da allora, denuncia Sozeri, la compagnia accetta di bloccare alcuni contenuti in Turchia, per evitare un altro blocco totale.

I rapporti semestrali sulla trasparenza di Twitter mostrano come nel periodo che va da gennaio a giugno 2014, la Corte turca abbia chiesto di rimuovere 65 contenuti, contro i 121 richiesti invece dal governo turco. Twitter ne ha effettivamente censurati il 30 per cento: 17 account e 183 tweet. Nel secondo semestre del 2014 le richieste da parte della Corte sono salite a 328, mentre quelle da parte del governo sono state 149. Twitter ha risposto positivamente al 50 per cento di tali richieste, bloccando 62 account e 1820 tweet. Ad oggi la Turchia detiene il record di richieste di rimozione di contenuti inoltrate al social network. Le motivazioni indicate dal giudice sono generalmente legate alla diffamazione, ma secondo Efe Kerem Sozeri i contenuti censurati spesso sono di critica politica e satira.

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Rapporto sulla trasparenza di Twitter – Richieste di rimozione contenuti da parte della Turchia

Twitter ha una penetrazione in Turchia del 30 percento e i suoi utenti sono in genere politicamente attivi e utilizzano i tweet come strumento per manifestare scontento. Quando il governo blocca l’accesso al social network su tutto il territorio nazionale, sono spesso gli utenti turchi stessi a diffondere la notizia usando l’hashtag #TurkeyBlockedTwitter. Per aggirare il blocco usano le linee DNS e VPN che consentono di inserire un indirizzo IP diverso da quello turco, come se stessero accedendo dall’estero.

La guerra 2.0 intrapresa dalla Turchia non tocca però solo Twitter, ma anche i siti internet in generale. I siti bloccati in Turchia erano oltre 22 mila nel 2012, cifra raddoppiata nel 2013 (oltre i 40 mila) e triplicata nel 2014 (più di 65 mila). Nei soli primi quattro mesi del 2015 i siti bloccati nel Paese hanno già superato quota 77 mila. Il 15 aprile 2015 è stata modificata la legge che regola Internet in Turchia con un emendamento ha ampliato la possibilità per i PM e i ministri turchi di rimuovere contenuti e bloccare l’accesso a Internet. Il tutto a pochi mesi dalle elezioni previste per giugno 2015.

Alessia Albertin