«Non avevamo altra scelta che chiedere l’opinione del tribunale». Così il portavoce di WhatsApp motiva il ricorso della società all’Alta Corte di Delhi, dove ha citato in giudizio il governo indiano per violazione della privacy. Secondo l’app di messaggistica, che in India conta più di 400 milioni di utenti, le nuove linee guida imposte ai social media e alle piattaforme streaming che obbligano a «consentire l’identificazione di chi ha per primo elaborato un contenuto», nel caso di WhatsAapp «annullerebbero la crittografia end-to-end (sistema di cifratura che consente solo a chi invia e a chi riceve di leggere i messaggi, ndr) e minerebbero il diritto alla privacy delle persone», andando contro i principi costituzionali.
La legge – A fine febbraio, il ministro dell’IT (Elettronica e comunicazioni Informatiche) Ravi Prasad ha emanato le nuove Linee guida degli intermediari e il Codice etico dei media digitali, dando tre mesi di tempo alle società per uniformarsi. Oltre al tracciamento dell’autore di un particolare messaggio, se chiesto da una corte o dal governo, tra le varie regole ci sono l’obbligo di rimuovere ogni contenuto segnalato dalle autorità entro 36 ore, l’utilizzo di un sistema automatico di eliminazione della pornografia e un meccanismo per rispondere ai reclami. Inoltre, alle piattaforme social con più di cinque milioni di utenti viene richiesto di assumere cittadini indiani in ruoli chiave in materia di conformità. Questa legge arriva in un clima già teso tra il primo ministro Narendra Modi e le grandi multinazionali digitali, incluse Facebook, Google e Twitter. New Delhi ha spesso insistito perché le piattaforme social rimuovessero contenuti sulla pandemia in India e critiche al governo per la sua gestione della crisi, mentre la polizia ha fatto visita agli uffici di Twitter, colpevole di aver segnalato alcuni post filo-governativi come “media manipolati”.
WhatsApp – «Chiedere alle app di messaggistica di “tracciare” le chat equivale a chiederci di conservare l’impronta di ogni singolo messaggio mandato su WhatsApp», ha dichiarato la società, che rigetta l’eventualità di dover raccogliere e conservare miliardi di messaggi per il solo scopo di consegnarli alle autorità. La compagnia evidenzia inoltre come il tracciamento non sia del tutto infallibile e come sia altamente suscettibile di abusi, senza contare l’impossibilità di capire il contesto e l’origine molti messaggi inviati. A questo, si aggiunge anche la preoccupazione che questa disposizione apra la strada della tracciabilità anche in altri Paesi. WhatsApp sta infatti combattendo un caso analogo presso la Corte Suprema brasiliana.
Il governo indiano – Il governo indiano ha risposto a WhatsApp con un comunicato del ministro dell’IT, che ribadisce il rispetto del diritto alla privacy dei cittadini e sottolinea come la richiesta del tracciamento di alcuni messaggi nasca dalla necessità di «prevenire e investigare su gravi offese alla sovranità del Paese o su attentati all’ordine pubblico». «Le nostre richieste sono notevolmente meno invadenti di quelle di altri Paesi – ha affermato Prasad – e nessuna delle misure proposte avrà conseguenze sul normale funzionamento di WhatsApp né sulla crittografia end-to-end: per gli utenti comuni non ci sarà alcun impatto».
Le altre reazioni – Intanto, gli altri social media procedono con cautela. Facebook ha dichiarato di essere d’accordo con la maggior parte delle disposizioni, ma di voler negoziare alcuni aspetti, mentre Twitter si è rifiutata di commentare. Alcune industrie sperano che l’introduzione del nuovo Codice sia posticipata, in attesa che siano risolte le dispute in corso in vari tribunali indiani. Alcuni giornalisti sostengono che l’estensione delle normative tecnologiche agli editori digitali, inclusa l’imposizione di decenza e standard di gusto, non sia supportata dalla legge.