Berlusconi con i trofei vinti dal Milan

L’arrivo dell’”homo novus”, che passa in tempo zero da giocatore o allenatore di squadre minori a coach di serie A è una strada che il Milan non ha mai smesso di percorrere. Ultimo pervenuto Clarence Seedorf, 37enne olandese fino a 36 ore fa centrocampista sotto contratto con il Botafogo, squadra della prima divisione brasiliana, fino al 30 giugno 2014.

Poi arriva l’offerta che non si può rifiutare: ”Quando ieri mi ha chiamato (Berlusconi ndr) non ho potuto dirgli di no”, ha detto il 14 gennaio nella conferenza stampa di addio al team brasiliano. E già domenica sera giocherà la sua prima partita da allenatore contro il Verona. Un cambio la vertice repentino, che arriva dopo il tracollo dei diavoli contro il Sassuolo di domenica scorsa: Allegri licenziato in tronco dopo quel 4-3 inaccettabile, e la squadra che registra il suo risultato peggiore di sempre: su 27 partite solo 8 vittorie, il 29.63%, e poi 11 pareggi e 8 sconfitte.

In un momento così difficile per il Milan, scegliere una new entry al posto di un allenatore professionista potrebbe apparire una stranezza, un azzardo. Invece rientra perfettamente nella strategia berlusconiana: l’eterna ricerca del talento giovane da far diventare star, della faccia pulita e carismatica da intercettare e attirare a sé. E che importa se non c’è l’esperienza.

Del resto, nei suoi 10 anni al Milan, Seedorf ha fatto faville con la maglia rossonera: ha disputato 432 partite, segnando 62 gol, ha vinto due scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane e due europee, due Champions League e una Coppa del mondo per club. Un campione con un carattere forte e un carisma eccezionale, un giocatore di qualità che al Milan sperano possa trasformarsi in un allenatore altrettanto capace.

Una scommessa sul nuovo e non sull’”usato sicuro”, anche in momenti di difficoltà, che Berlusconi aveva già fatto altre volte: basti pensare ai predecessori di Seedorf Arrigo Sacchi, Fabio Capello e Leonardo: un allenatore di serie B e due calciatori.

Nel 1980 Capello chiude al Milan la sua carriera calcistica, dopo aver vinto una Coppa Italia nel 1977 e uno scudetto nel 1979, per aprirla poco dopo da allenatore. È la prima scelta di Berlusconi, neo proprietario e presidente del Milan, che gli fa allenare i rossoneri nella stagione 1986-1987.

New entry che già nella stagione successiva viene scalzata dal “talento nascosto” Arrigo Sacchi, allenatore del Parma che sale alla ribalta eliminando dalla Coppa Italia il Milan. Una folgorazione a San Siro: Berlusconi lo vuole per sé e Sacchi rimane sulla panchina della squadra fino al 1991, quando viene chiamato ad allenare la Nazionale azzurra. In mezzo un bottino invidiabile: uno Scudetto, una Supercoppa italiana e due europee, due Coppe dei campioni, e due Coppe Intercontinentali.

Eppure il Presidente ritiene di aver visto giusto con Capello e lo richiama per sostituire Sacchi. Accolto con riserva dai vertici della società per la sua scarsa esperienza in panchina, Capello inaugura uno dei più prolifici cicli di vittorie del club rossonero: tra il 1991 e il 1996 centra quattro scudetti di cui tre consecutivi e una Champions League.

Stessa storia con Leonardo, al secolo Leonardo Nascimento de Araújo- Il brasiliano stella del Paris-Saint Germain, che bazzica come giocatore al Milan fin dal 1997 e nel 2009 viene intercettato per guidare i diavoli nella stagione 2009-2010.

Berlusconi talent scout, Berlusconi coach-maker: dal 1986, anno in cui acquista e diventa presidente del Milan, il Cavaliere fa spesso scelte coraggiose e controcorrente. Alcune hanno pagato, altre no: di certo hanno hanno stupito e fatto discutere.

“Gli italiani vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra”, aveva detto Winston Churchill. Basta sostituire “politica” a “guerra” e si delinea una strategia che va ben oltre le porte di uno stadio. Da tempo ormai il leader di FI è alla ricerca di un frontman anche sul versante politico: ha provato a convincere la figlia Marina, Alessandro Benetton, Guido Martinetti di “Grom”, Pippo Civati, Alessandro di Battista, ha ingaggiato Daniela Santanché per reclutare volti nuovi di imprenditori e manager spendibili per rappresentare Fi. Schieramento e convinzioni politiche sembrano non contare: l’importante è avere carisma e “funzionare”, soprattutto in tv.

L’ultimo amore del Cav è Giovanni Toti: giornalista 45enne e uomo fedele alla ditta, che ha fatto carriera all’interno di Mediaset fino a diventare direttore del TG4 al posto di Emilio Fede. Berlusconi ora lo vuole coordinatore unico di Forza Italia, presentandolo come un candidato giovane e non politico, una new entry lontana dalla casta. Ma Forza Italia non è il Milan e c’è a chi la decisione del Cav non va giù. Sarà per questo che il Cav si è buttato tutto sul calcio: quella telefonata “alla quale non si può dire di no” per ora ha potuto farla solo lì.

Alexis Paparo