Una fumata nera. Anzi, quattro: tante votazioni non sono bastate a scegliere il nuovo presidente della Federcalcio. L’epilogo ieri sera, 29 gennaio: la Figc, l’organo supremo che gestisce il calcio italiano, verrà commissariata dal Coni di Giovanni Malagò, a cui è affiliata. Lo stesso Coni ha convocato per il prossimo 1 febbraio la giunta che farà il nome di chi dovrà guidare la federazione per i prossimi sei mesi (almeno). I delegati delle leghe e delle associazioni calcistiche, dunque, non sono riusciti a mettersi d’accordo su chi avrebbe dovuto sostituire l’uscente Carlo Tavecchio, dimessosi dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai mondiali della prossima estate in Russia.
Nessun accordo – Tre erano i candidati: Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione italiana calciatori, Gabriele Gravina, presidente della Lega Pro (l’ex Serie C), e Cosimo Sibilia, alla guida della Lega nazionale dilettanti (la Serie D). Per essere eletti al primo turno erano necessari i tre quarti dei voti, e come previsto nessuno dei tre li ha raggiunti. Al secondo giro ne servivano i due terzi, ma anche qui niente da fare. Nemmeno alla terza votazione, in cui bastava la maggioranza semplice dei votanti, si è arrivati all’elezione di uno dei tre candidati. E il ballottaggio finale tra i due candidati più votati, Sibilia e Gravina, è finito con la vittoria del partito delle schede bianche (al 59%). Il voto di protesta è arrivato soprattutto da Dilettanti e Asso Calciatori: i primi avevano proposto a Gravina di correre come presidente, prendendo Sibilia come proprio vice, al fine di evitare il commissariamento. Ma i sostenitori di Gravina hanno fatto saltare l’accordo, causando il voto di protesta della Lnd. I Calciatori, invece, hanno consegnato scheda bianca perché non hanno trovato alcun accordo con gli altri candidati.
Malagò in pole – A vincere, per ora, è la linea di Giovanni Malagò. Che già nelle scorse settimane aveva auspicato l’arrivo di un commissario in casa Figc. La motivazione “legale” che sta dietro alla procedura è racchiusa nell’articolo 23, comma 3, dello statuto del Coni, che prevede che in caso di “constatata impossibilità di funzionamento degli organi federali” la giunta del Comitato olimpico può proporre il commissariamento della federazione “malfunzionante”. Il commissario in questione potrebbe essere lo stesso Malagò, anche se nei prossimi mesi il dirigente sportivo sarà già piuttosto impegnato con le olimpiadi invernali in Corea del Sud. Un altro nome in circolazione è quello del segretario Coni Roberto Fabbricini. Chiunque sarà, riunirà in sé i poteri del presidente e del consiglio federale della Figc (anche se aiutato da due o tre sub-commissari, in lizza gli ex giocatori “Billy” Costacurta o Demetrio Albertini) e starà in carica sei mesi, con possibilità di proroga. Come scrive oggi la Gazzetta dello Sport, è probabile che sarà proprio il commissario a scegliere il prossimo ct della nazionale azzurra (molto quotato Roberto Mancini) e nel caso in cui i presidenti delle squadre di serie A non trovassero l’accordo, anche il nuovo commissario della Lega.
Le reazioni – «Una mancata elezione è una sconfitta di tutti – ha detto il ministro dello Sport, Luca Lotti, all’indomani della votazione – Ma questa, ora, è l’occasione per il calcio di ripartire da zero e riscrivere anche una parte di quelle regole che hanno portato a questo stallo. Bisogna dare un nuovo impulso al movimento del calcio in Italia». Più pessimisti i dirigenti delle squadre: «Il commissariamento significa rinunciare a trovare una soluzione condivisa per far ripartire il calcio. Avere una persona esterna mi sembra una cosa negativa che non mi piace», ha commentato Urbano Cairo, presidente del Torino, mente l’ad della Juventus, Giuseppe Marotta, ha parlato di «fallimento del calcio italiano». «I commissari, dovunque, sono sempre una sconfitta perché rappresentano l’incapacità dal punto di vista ordinario di risolvere i problemi – è intervenuto sul tema Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione – Noi purtroppo siamo il Paese dei commissari, e lo sport non riesce nemmeno in questo senso a essere diverso dal resto dell’Italia».
Diritti tv – E l’accordo non arriva, per ora, nemmeno sui diritti tv della Serie A. Sky e Mediaset rischiano davvero di non trasmettere le 380 partite del campionato. I vertici della Lega Calcio, infatti, chiedevano un miliardo e 50 milioni di euro, ma le offerte delle pay-tv si sono fermate a 830 milioni: troppo poco per convincere. Così sono entrati in gioco gli spagnoli di MediaPro, unico soggetto a partecipare alla seconda asta, riservata agli intermediari indipendenti. Il gruppo di Barcellona ha messo sul piatto 950 milioni di euro più royalties per tre anni, proposta su cui l’assemblea della Lega Serie A sarà chiamata a decidere il prossimo 5 febbraio.