Non c’è pace per il ‘Pirata‘. Dopo l’archiviazione del 2016, la magistratura torna a indagare sulla morte di Marco Pantani per omicidio. Ancora una volta contro ignoti. Questo terzo fascicolo è stato aperto dalla Procura riminese: alla base, l’informativa inviata dalla Commissione parlamentare antimafia in cui è riportata la testimonianza del pusher Fabio Miradossa risalente all’udienza del gennaio 2020: «Marco è stato ucciso». Nei mesi seguenti è stata sentita dai pm di Rimini anche Tonina Belletti, la madre del ‘Pirata’ che ha da poco cambiato i propri avvocati per poter portare avanti la sua tesi: «Mamma Tonina chiede di capire una volta per tutte se il figlio è morto per un mix di antidepressivi con la cocaina assunta precedentemente oppure se ci sono altri motivi», ha affermato il suo nuovo difensore Fiorenzo Alessi.
I soldi, la cocaina, i giubbotti e il cibo cinese – Nel 2005, Miradossa patteggiò una pena per spaccio legato alla morta del ciclista: «L’ho conosciuto 5-6 mesi prima che morisse e di certo non mi è sembrata una persona che si voleva uccidere», ha detto alla commissione antimafia. Il corpo senza vita di Pantani fu ritrovato il 14 febbraio del 2004 in una stanza del residence ‘Le rose’ di Rimini. «Seguite i soldi», ripete da anni Miradossa. Era lui che vendeva cocaina a Pantani ed è sicuro che quel giorno il ciclista avesse con sé 20mila euro: «Lo so perché me li doveva portare. Poi ci sono dei prelievi fatti, io quei soldi però non li ho avuti e non sono stati trovati in camera». Secondo l’autopsia, a uccidere il ciclista sarebbe stato un edema polmonare e cerebrale dovuto a un’overdose di cocaina e psicofarmaci. La prima ipotesi fu quella del suicidio, nonostante la madre abbia sin da subito sostenuto la pista dell’omicidio. Sono molte le contraddizioni rinvenute in quella stanza. Nel bagno sono state trovate strisce di cocaina, ma chi era vicino al ciclista sapeva che lui non la sniffava, la ingeriva. Inoltre, la quantità trovata nel corpo senza vita era circa sei volte superiore a quella letale. Poi i tre giubbotti da sci che aveva lasciato in un hotel milanese qualche giorno prima e che ricomparvero a Rimini. Infine, quel cibo cinese sul tavolo che lui tanto odiava.
Il Giro d’Italia del 1999 – I problemi di Pantani con la cocaina sono iniziati in seguito alla squalifica dal Giro d’Italia per doping nel 1999. L’abuso di sostanze medicinali nel ciclismo era una costante negli anni a cavallo tra i due secoli. Tutti i vincitori del Tour de France dal 1996 al 2005 hanno avuto problemi con sostanze dopanti. Pantani salì sul gradino più alto del podio nel 1998. Solo durante la maxi inchiesta del 2013, che ha svelato al mondo intero il mercato del doping nel ciclismo che solo in Italia faceva girare 425 milioni di euro all’anno, si trovarono nelle sue urine scongelate raccolte dopo l’undicesima, quindicesima e sedicesima tappa tracce di Epo: la sostanza che permette un maggiore flusso di ossigeno ai tessuti migliorando la prestazione sportiva. Fu, però, quell’82esimo Giro d’Italia a segnare un punto di svolta nella vita di Pantani. Era il 5 giugno e il ‘Pirata’ era pronto a partire per la penultima tappa da leader della classifica generale. Un controllo a Madonna del Campiglio rilevò, però, alcune anomalie nel suo sangue: l’ematocrito, il volume di sangue occupato dai globuli rossi, era troppo alto. Per Pantani non era una novità. Nel 1995, in seguito all’incidente alla Milano-Torino, venne ricoverato all’Ospedale delle Molinette. Già a quei tempi il tasso ematocrito era più alto del normale: «Assolutamente anomalo sia per una persona normale, sia per un atleta di alto livello», scriveranno nella loro perizia Gianmartino Benzi e Adriana Ceci poi consegnata ai pm di Forlì. L’unica spiegazione plausibile fu l’uso massiccio di Epo. La condanna fu di tre mesi di reclusione per «frode sportiva», poi annullata in appello perché fino al 2001 il doping non costituiva reato. Fu quella vicenda, come ha raccontato la madre Belletti in un’intervista a Domenica In nel 2019, a spingerlo nel tunnel della droga: «Dopo il giro ha iniziato con la cocaina, poi ne era uscito. Ha portato avanti battaglie legali per capire chi lo avesse drogato, ma non lo ha mai scoperto».