Roberto Mancini (di spalle) e Maurizio Sarri durante Napoli-Inter.

Roberto Mancini (di spalle) e Maurizio Sarri durante Napoli-Inter.

Sono giorni di polemica nel mondo del calcio italiano. Ma non si tratta di risultati, quanto di insulti a bordo campo. Il caso “Sarri-Mancini”, come è già stato ribattezzato, inizia durante Napoli-Inter di Coppa Italia, il 19 gennaio. Finale di partita: il guardalinee segna un tempo di recupero sbagliato, gli animi sulle panchine si scaldano. Mancini, allenatore dell’Inter, che sta vincendo, è nervoso. Sarri, del Napoli, lo è di più, e sbotta contro il collega: «Sei un frocio, un finocchio». L’insulto non passa inosservato e nel post-partita Mancini accusa senza mezzi termini Sarri di essere «un omofobo, un razzista».

Poco dopo, arrivano le scuse di Sarri: «Mi ero innervosito, non ce l’avevo con Mancini. Gli chiedo scusa». Ma l’allenatore dell’Inter non perdona: «Sarri non ha offeso solo me, ma migliaia di persone». Per il tecnico del Napoli sono previsti uno o due turni di squalifica. I dibatti nel mondo del pallone, non sono mancati. Noi ne abbiamo parlato con Fabio Caressa, direttore di Sky Sport 24 e voce del campionato italiano.

Non è il primo episodio del genere nel calcio italiano, dove l’omosessualità è spesso vista come un tabù. Come si può cambiare, se anche il presidente Carlo Tavecchio si è espresso più volte con toni forti nei confronti degli omosessuali?
«Bisogna fare una grande distinzione tra lessico e pensiero. Le generazioni di Tavecchio o di Sarri possono scivolare sul piano linguistico quando si parla di questi temi. È vero, nel mondo del calcio c’è disagio rispetto a questi argomenti, ma non è un mondo totalmente chiuso. Le nuove generazioni si stanno aprendo e l’hanno dimostrato più volte».

Il caso Sarri-Mancini, può fare scuola?
«Credo che possa scuotere le coscienze. I protagonisti del campo devono capire che sono dei portatori di cultura. Se esprimono un concetto sbagliato hanno una risonanza diversa rispetto al normale, più grande. In questo senso Sarri ha pagato la sua inesperienza in un contesto come quello in cui si trovava e il suo insulto ha avuto una grandissima risonanza».

Molti stanno rinfacciando a Mancini episodi di insulti come quello del caso Mihajlovic-Vieira, del 2000, o il più recente con la Curva Nord del 2007. È giusto?
«No. Perché Mancini è cambiato, lo ha cambiato la sua esperienza in Inghilterra. Non vale la pena di andare a rivangare cose successe anni prima in contesti molto diversi».

A proposito di Inghilterra, viene da pensare che lì un episodio del genere non sarebbe mai potuto succedere.
«È un falso mito questo. Anche sui campi inglesi si verificano episodi di insulti e liti. Ad esempio ci sono state strette di mano mancate o polemiche per storie di donne tra calciatori. Lì però sono molto seri, c’è un regolamento che interviene subito. Come si fa anche qui in Italia però».

Quindi è giusta la decisione di squalificare Sarri?
«Sarri non voleva essere razzista. Il suo era un insulto, senza vere intenzioni di razzismo. Il tipo di squalifica pensato sia giusto, non è pesante, come del resto prevede il regolamento in questi casi».

Federica Villa