Dagli attentati di Parigi, gli stadi diventano il luogo simbolo della lotta al terrorismo. Perlomeno quello da cui emergono le reazioni più disparate. Tra i tifosi c’è chi canta in coro la Marsigliese, anche se parteggia per la squadra opposta. E chi si rifiuta di rispettare il minuto di silenzio e scandisce “Allah Akbar”, come è successo il 18 novembre durante Turchia-Grecia. Poi ci sono i calciatori. Quelli francesi, che giocano in Italia. E quelli italiani che giocano in Francia. Tutti, in qualche modo, hanno un debito di riconoscenza nei confronti del Paese. E, tra la tristezza per quanto accaduto e le nuove misure di sicurezza con cui imparare a convivere, devono concentrarsi sulle prossime partite.

Philippe Mexes, francese di Tolosa, da quattro anni è difensore del Milan. Anche lui, il venerdì degli attentati, era incollato davanti alla televisione. Ma da qui, dall’Italia. Eppure non si sente al sicuro: “Ovunque e in qualsiasi momento può accadere qualcosa. E io sono preoccupato per i miei figli”, confessa in un’intervista al Corriere dello Sport. “La società francese accoglie tutte le nazioni, tutti i popoli. E chi resta escluso è solo una minoranza”.

Sgomento anche per il giocatore della Roma, Lucas Digne. In vista del match Bologna-Roma che si disputerà sabato 21 novembre allo stadio bolognese Dall’Ara, il terzino giallorosso non nasconde di avere la testa altrove. “La Francia è in guerra e per me è difficile pensare al calcio. Ma voglio ringraziare i tifosi di Wembley”. Prima della partita Inghilterra-Francia del 17 novembre, allo stadio di Wembley 90.000 persone hanno intonato la Marsigliese. “E’ stato toccante sentire tutti stringersi intorno al nostro Paese”, ricorda Digne.

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Poi ci sono gli italiani a Parigi. Salvatore Sirigu, il portiere del Paris Saint-Germain, è sotto shock. E non solo per gli attacchi subito dalla città che lo ospita, ma perché ha perso due amici al Bataclan, “Erano due ragazzi splendidi, di origini italiane”, ha detto a Rai Sport. “Io, Verratti e Pastore frequentavamo spesso il loro ristorante. E’ difficile da accettare”.

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Polemico Lilian Thuram, ex calciatore della nazionale francese campione del mondo nel 1998. “Il mio paese è in guerra, Quando il tuo paese va fuori e bombarda un altro paese vuol dire che è in guerra”, ha detto a Radio 2. “Nel 1998 eravamo un esempio di integrazione, ma ora c’è una parte politica che va in tv a dire che la Francia è un paese di razza bianca e di religione cristiana. Cosa vuol dire? Che chi non è bianco e cattolico non è francese?”. L’ex juventino si è detto anche spaventato dai discorsi di Marine Le Pen: “Ci porta alla violenza: quando crei divisioni nella tua comunità alla fine finisce sempre così”.

Angelica D’Errico