«Un’altra triste e irreparabile perdita per il mondo dello sport. Un’altra tragedia senza precedenti». La squadra brasiliana della Chapecoense piange in un tweet la morte di Kobe Bryant, 41 anni, e di altre otto persone a bordo del suo elicottero, tra cui la figlia 13enne Gianna. È una notizia che evidentemente colpisce in maniera particolare la Chapecoense, a poco più di tre anni dal disastro aereo che coinvolse quasi l’intera rosa di questa squadra di calcio: «Siamo vicini alla famiglia, agli amici e ai fan, e auguriamo loro di avere forza. Le nostre preghiere sono con voi». Il 28 novembre 2016 la Chape, società della città di Chapecò, si recava a Medellìn, in Colombia, per la finale di Copa Sudamericana contro l’Atlético Nacional. Nello schianto del volo LaMia 2933 morirono 71 delle 77 persone a bordo: della Chapecoense sono sopravvissuti i tre calciatori NetoJakson Ragnar Follman e Alan Luciano Ruschel. Le scatole nere avrebbero poi spiegato come si trattò di mancanza di carburante, con il comandante che decise di saltare lo scalo tecnico per il rifornimento e dirigersi direttamente all’arrivo previsto, provocando una progressiva perdita di quota, fino a far precipitare l’aereo prima dell’atterraggio. La Chape è una società piccola, in Série A dal 2014, ed era la prima volta che raggiungeva una finale sudamericana. Partiva da sfavorita con l’Atlético Nacional, che ha immediatamente proposto e ottenuto che il titolo della coppa venisse assegnato ad honorem ai brasiliani.

Superga, 4 maggio ’49 – In Italia la tragedia della Chapecoense fu presto associata a quella che coinvolse nel 1949 il Grande Torino, una squadra che ha segnato la storia sportiva del calcio italiano, dominando il campionato con 5 scudetti consecutivi dal 1942/43 (più una Coppa Italia), e che poi lasciò un solco profondo ben oltre i campi da calcio dopo lo schianto avvenuto sulla collina di Superga il 4 maggio. Morì tutta la squadra, che all’epoca componeva quasi per intero la Nazionale italiana, con i dirigenti e gli accompagnatori, con l’equipaggio di bordo e i giornalisti Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti e Luigi Cavallero. In tutto le vittime furono 31. Al Torino venne assegnato lo scudetto a tavolino e l’anno successivo la nazionale viaggiò in nave per raggiungere i Mondiali in Brasile: lo shock non era stato superato. L’aereo con a bordo il Grande Torino tornava da Lisbona, a seguito di un’amichevole col Benfica. Nei pressi di Torino l’aeroporto di Aeritalia comunica una situazione meteorologica preoccupante, con nubi a livello del terreno, pioggia e visibilità scarsissima. «Quota 2.000 metri. QDM su Pino, poi tagliamo su Superga», una delle ultime comunicazioni dal velivolo. Ancora oggi non è chiaro se nella virata verso Torino l’aereo sia stato spinto verso destra, allineandosi con la collina di Superga, 669 metri, invece che con la pista di atterraggio; o se invece l’altimetro fosse bloccato a 2 mila metri, ingannando la percezione dei piloti, che invece viaggiavano a quote più basse.

Disastri di Monaco e Brema – Nel 1958, 6 febbraio, l’aereo del Manchester United si schianto al decollo su una pista ricoperta di neve e fango, al terzo tentativo che provocò la morte di 8 giocatori. La squadra inglese faceva ritorno da Belgrado, dove aveva affrontato la Stella Rossa, pareggiando per 3 a 3 e qualificandosi alle semifinali di Champions League in virtù della vittoria dell’andata (2-1). L’aereo, affittato privatamente dal Manchester per la trasferta, era partito da Belgrado con un’ora di ritardo perché l’attaccante Johnny Berry non trovava il suo passaporto. La sosta a Monaco era preventivata per il rifornimento, ma fu fatale. Il capitano dell’aereo James Thain fu licenziato per sempre, tornò a fare l’avicoltore nel Berkshire e morì nel 1975 per un attacco di cuore.
Domani, 28 gennaio, saranno invece 54 anni esatti dall’incidente all’aeroporto di Brema, che vide lo schianto del volo Lufthansa con a bordo una selezione della Nazionale italiana di Nuoto di ritorno da Francoforte. La causa fu forse un malore del pilota. Persero la vita tutti i passeggeri, 46, compreso il giornalista Rai Nico Sapio, voce delle Olimpiadi di Roma nel ’60 e di Tokyio nel ’64. A lui è intitolata una competizione internazionale del nuoto, il Trofeo Nico Sapio.

Emiliano Sala – Un anno e qualche giorno fa il calcio internazionale ed europeo era immerso, com’è ora, nel calciomercato di riparazione di gennaio. In questo contesto il Cardiff City acquistava l’attaccante Emiliano Sala dal Nantes per 15 milioni di sterline (circa 17 milioni di euro): l’acquisto più oneroso della storia del club. In Galles Sala non sarebbe mai arrivato, perché l’aereo privato che lo doveva portare dalla Francia a Cardiff precipitò sulla Manica. Sala era argentino, nato da genitori italiani. Il padre è morto di infarto qualche mese dopo. La maglia numero 9 del Nantes, ultima squadra in cui ha militato e in cui è stato allenato da Claudio Ranieri, è stata ritirata, anche se la squadra francese ha comunque preteso il pagamento del cartellino del calciatore dai britannici del Cardiff. Attaccante potente di quasi un metro e novanta, aveva come modello Batistuta ma sapeva giocare un po’ atipicamente anche più arretrato, sulla trequarti. 42 gol in 120 presenze nella squadra francese, per una discreta media di una rete ogni tre partite. Aveva 28 anni.