Come il viaggio di Ulisse, anche il percorso di Andrea Agnelli alla Juventus sembra destinato a terminare dopo dieci anni. Tuttavia, mentre l’eroe omerico alla fine dell’Odissea riuscì a riabbracciare la sua Penelope e tornare sul suo trono, la storia sportiva del dirigente di Stellantis ed Exor potrebbe concludersi senza lieto fine. In seguito a una serie di operazioni di mercato che non hanno portato i risultati sperati (primo fra tutti l’acquisto di Cristiano Ronaldo) e a vicende giudiziarie che la vedono coinvolta, la dirigenza della Juventus sta vivendo il suo periodo più buio dall’era Calciopoli.
L’esame-farsa – I primi segnali che la stagione 2020-2021 sarebbe stata piena di ostacoli non hanno tardato ad arrivare. Mosso da esigenze tecniche e ingolosito dalle difficoltà tecniche ed economiche che stavano investendo il Barcellona, il dirigente sportivo bianconero Fabio Paratici tentò di portare a Torino Luis Suarez. Poiché la Juventus aveva già esaurito gli slot destinati al tesseramento di calciatori extracomunitari, l’attaccante uruguaiano si ritrovò costretto a ottenere la cittadinanza italiana. Secondo la procura di Perugia, l’esame definito “farsa” dagli inquirenti sostenuto il 17 settembre 2020 nell’Università del capoluogo umbro condizionò la trattativa che avrebbe permesso a Suarez di poter acquisire la cittadinanza italiana e così poter «essere ingaggiato dalla Juventus football club». Le indagini sono state chiuse il 21 aprile e ora gli indagati hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati. Dopodiché, i magistrati decideranno se chiedere il rinvio a giudizio o archiviare l’intera questione. Fino a quel giorno, il procedimento a carico di Fabio Paratici è sospeso. Al momento, è solo l’avvocato Maria Cesarina Turco a essere stata indicata «quale concorrente morale e istigatrice» dell’operazione.
Il fallimento della Superlega – Al progetto Superlega ci lavoravano da cinque anni ed è naufragato in meno di 72 ore. L’operazione Football Leaks del 2018 aveva rivelato come i grandi club europei stavano disegnando un campionato d’élite pensato sul modello dell’International Champions Cup già dal 2016. L’ICC è un torneo amichevole che si gioca in estate dal 2013 e che vede le società più prestigiose del calcio sfidarsi in giro per il mondo. Con il finanziamento miliardario della banca americana JP Morgan, la Superlega avrebbe portato introiti che secondo il presidente del Real Madrid Florentino Perez avrebbe evitato il fallimento di molte società previsto per il 2024. Oltre allo spagnolo, l’altro presidente sceso in campo da protagonista è stato proprio Andrea Agnelli. Presidente della Juventus dal 2011, ha ricoperto per anni ruoli dirigenziali di vertice nell’organizzazione europea del calcio. Incarichi che, in seguito a quello che è stato definito un golpe alla Uefa, sta abbandonando uno dopo l’altro. Inoltre, il fallimento del progetto ha provocato un tale danno d’immagine al club torinese che ha portato la sua quotazione in Borsa a scendere in picchiata superando il -12% del valore azionario. Conseguenze che stanno mettendo in seria discussione il suo ruolo di presidente. Recenti indiscrezioni vogliono Alessandro Nasi, suo cugino e vicepresidente della Exor (la holding degli Agnelli), come probabile suo probabile successore.
La panchina che scotta – Nonostante i nove anni di incontrastato dominio nel campionato nazionale, oggi i bianconeri si ritrovano di fronte all’ennesimo bivio della storia recente. Il primo si presentò nel luglio 2014: accontentare le richieste di Antonio Conte, l’allenatore che ha riportato la Juventus al vertice dopo gli anni di Calciopoli, o ingaggiare un nuovo condottiero? Agnelli, in carica da un anno, prese la seconda strada che portava a Massimiliano Allegri. Nonostante un principio di rivolta della tifoseria, l’allenatore livornese proseguì la striscia vincente per altri cinque anni arrivando per ben due volte in finale di Champions League. Il trofeo che manca alla bacheca torinese dal 1996. Ottenuto il suo quinto scudetto da allenatore della Juventus, Allegri lasciò. Problemi economici societari e desiderio di cominciare un nuovo ciclo cercando comunque di mantenere il dominio in Italia hanno portato sulla panchina Andrea Pirlo, ma stavolta con giacca e cravatta entrando «in un progetto che abbiamo fortemente voluto», assicurava Agnelli il 30 luglio 2020.
Mister Pirlo e il calcio liquido – «Non farò mai l’allenatore» diceva Pirlo, eppure eccolo qua. Il regista azzurro col numero 21 stampato sulla maglia che il 4 luglio di quell’indimenticabile 2006 servì l’assist vincente per il mancino con cui Fabio Grosso fulminò in semifinale i tedeschi padroni di casa. Il ragazzo che a sedici anni ancora non compiuti esordì in Serie A con la maglia del suo Brescia. Rossonero per dieci stagioni consecutive, conquista da protagonista, oltre a due campionati, cinque trofei internazionali: una coppa del mondo per club, due Supercoppe Uefa e due Champions League. Conclude il suo percorso nel campionato italiano nella Juventus, dove Conte lo rese perno centrale di quella rosa capace di avviare la serie di successi in patria. Serie che sembra destinata a concludersi e, ironia della sorte, proprio a causa di mister Conte. Sui quotidiani sportivi si è parlato per settimane, se non mesi, delle idee di Pirlo. Il “calcio liquido” come soluzione tattica innovativa ed estremamente offensiva, con una difesa a tre che in fase di possesso passa a quattro portando più uomini sulle fasce. Oltre alla pandemia, i numerosi infortuni non l’hanno di certo aiutato nella sua prima esperienza da allenatore. La principale vittima della sorte è stato Paulo Dybala. “La Joya” argentina era stato eletto miglior giocatore del campionato 2019/2020, ma quest’anno è sceso in campo poche volte lasciando l’attacco in mano a un Alvaro Morata che, forse, non si aspettava di giocare così tanto e un Cristiano Ronaldo troppo spesso irriconoscibile.
CR7: tra passato e presente – Ogni juventino ricorderà nel tempo quella rovesciata che nell’aprile 2018 incantò lo Juventus Stadium. Finì 0 a 3 per gli ospiti spagnoli che, in una gara di ritorno dove tutto sembrava possibile fino ai minuti di recupero, li portò prima in semifinale e poi al successo contro il Liverpool. Di certo non serviva quel colpo da fuoriclasse a far capire al mondo chi fosse Cristiano Ronaldo, ma probabilmente convinse Agnelli e Paratici a portare avanti una trattativa che avrebbe condizionato le casse societarie per anni. Dal luglio di quel 2018 il portoghese, vincitore di cinque palloni d’oro e unico calciatore in grado di competere con Lionel Messi, veste la maglia bianconera. Portato a Torino per vincere la terza Champions della storia societaria, per due anni ha solo calcato un copione già scritto: dominanti in Italia e non all’altezza in Europa. Prima l’Ajax, poi il Lione e quest’anno il Porto hanno confermato il concetto espresso da molti dubbiosi dell’acquisto di CR7: non basta un giocatore per vincere in Europa.
Fine di un ciclo – Proprio dall’uscita dalla Champions con il Porto alcuni dubbi hanno iniziato a scuotere la panchina di Pirlo. Fino allo scorso 9 marzo a pochi importava che in campionato l’Inter e il Milan stessero andando a una velocità costante e ben superiore. Gli obiettivi stagionali erano chiari sin da settembre: conquistare la Champions e provare a vincere il decimo scudetto di fila. A sei giornate dal termine del campionato, il bilancio è preoccupante. Fuori da ogni competizione europea e 11 punti di distacco dall’Inter di Conte capolista. L’Odissea bianconera potrebbe trovare la sua Itaca al Mapei Stadium dove dovrà sfidare un’Atalanta mai battuta in questa stagione e decisa più di quei Proci che non riuscirono a ottenere la mano della Penelope di questo 2021, la Coppa Italia.