Lui si chiama Brett Favre, ha 44 anni ed è uno dei più grandi giocatori di football americano della storia. Ma probabilmente non se lo ricorderà più, tra qualche anno. Perché Brett è l’ultimo dei campioni del football colpiti da encefalopatia cronica traumatica. Una malattia degenerativa che causa vuoti di memoria e demenza e che si sta abbattendo sui giocatori della Nfl, la lega professionistica americana di football, con numeri che fanno parlare di vera e propria epidemia. Ne soffrirebbero addirittura 34 atleti su 35, secondo alcuni esami anatomopatologici post mortem effettuati sui cervelli degli ex giocatori.
Ora, dopo anni di silenzi e rinvii, sembra che la Nfl stia finalmente correndo ai ripari. Lo scorso agosto, in gran segreto, è stato siglato un accordo da 765 milioni di dollari per risarcire 18 mila ex atleti che hanno subito commozioni cerebrali. Ma anche le regole stanno cambiando. Troppe le botte in testa prese dai giocatori, in uno sport che è divenuto nel tempo sempre più veloce e muscoloso. Commozioni cerebrali curate spesso in maniera superficiale, applicando borse del ghiaccio e trincerandosi dietro la filosofia della fisicità come elemento distintivo del football. Se giochi, insomma, devi mettere in conto qualche colpo proibito di troppo. Così come avviene in altri sport di contatto, come il pugilato o anche il calcio. Dove, però, più che gli infortuni, il problema vero sembra essere un altro.
La vicenda di Favre richiama infatti inevitabilmente alla memoria quella di un altro ex campione, questa volta nostrano: Stefano Borgonovo. Ucciso dopo una lunga sofferenza da un male che rappresenta il lato oscuro del pallone: la Sla, sclerosi laterale amiotrofica.
Numeri da brivido, quelli dei calciatori ed ex calciatori colpiti da questa malattia neurodegenerativa che ti priva lentamente dei movimenti del tuo corpo lasciandoti la mente lucida: 43 casi su 30 mila calciatori tra il 1963 e il 2008, con un’incidenza 24 volte superiore alla norma. Numeri troppo sospetti per essere imputati al caso, e che hanno spinto il pm torinese Raffaele Guariniello ad aprire un’inchiesta, tuttora in corso, sulla relazione tra calcio e Sla. “L’eccesso di mortalità per la Sclerosi tra i calciatori è stato confermato in due studi epidemiologici – ha detto Guariniello al Corriere lo scorso settembre – e i casi continuano a verificarsi. Le segnalazioni ci arrivano da tutte le parti d’Italia. Il fenomeno non sembra essersi in alcun modo fermato”.
Ciò nonostante, a differenza del rapporto fin troppo evidente tra i traumi di gioco e l’encefalopatia che affligge i giocatori di football, le cause dell’eccesso di mortalità per Sla nei calciatori sono ancora sconosciute. E nonostante l’impegno di Guariniello e di fondazioni come quelle degli ex calciatori Gianluca Vialli e Massimo Mauro e dello stesso Borgonovo, il rischio è che la ricerca in questo campo resti indietro.
“Devo lamentare il fatto di sentirmi un po’ solo in questa ricerca. La speranza era che le autorità sportive e le autorità sanitarie raccogliessero il messaggio, anche sul piano internazionale”, conclude Guariniello nella sua intervista. Ma forse, come dimostrano altre vicende, il calcio non è ancora pronto per affrontare i suoi demoni.
Francesco Loiacono