«Cross di Çalhanoglu… Palla verso Dzekoooo! Ediiin… Dzeko! Otto minuti ed è già in vantaggio l’Inter, la apre l’uomo con più esperienza, il bomber, il Cigno di Sarajevo!». Il boato della Curva Nord, la gioia del popolo nerazzurro, l’emozione nella voce di Fabio Caressa che dai microfoni di Sky Sport commenta il goal pazzesco di Edin Dzeko.

Un derby storico alla Scala del Calcio, un 10 maggio indimenticabile: la semifinale di andata di Champions League più attesa dai club milanesi si apre con una girata prodigiosa del capitano della nazionale bosniaca, che si libera della marcatura del capitano del Milan Davide Calabria e insacca con un tiro potentissimo alla sinistra di Maignan. 2-0 il risultato finale, con secondo goal dell’armeno Mkhitaryan. Edin esce al 70′ minuto, tra gli applausi del pubblico, tra gli abbracci dei compagni, sotto gli occhi di 75.532 spettatori.
Un campione che si è fatto amare da tutte le tifoserie, divenuto bandiera e recordman della Roma e trascinatore del Wolfsburg nella stagione 2008- 2009, quando vinse una Bundesliga contro ogni pronostico. Una storia che nasconde sofferenza e sacrificio, iniziata tra le bombe della guerra in Bosnia Erzegovina.

Uomo dei record – Un’esultanza incontenibile per il 400esimo gol in carriera (336 in club, 64 in nazionale), che segna l’ingresso dell’ex-romanista nella classifica dei più anziani marcatori in una semifinale della massima competizione europea. Il bosniaco dell’Inter è infatti salito al secondo posto, con 37 anni e 54 giorni, dietro a un nome del calibro di Ryan Giggs, leggenda del calcio inglese e storico ex- capitano del Manchester United, in rete a 37 anni e 148 giorni.

Un’infanzia tra le bombe Za moje mahalce, «Questo gol è per il mio quartiere». Ai tempi del Manchester City, subito dopo la cessione dal Wosfburg, Edin Dzeko sfoggiava ad ogni rete una maglia con queste parole, per ricordare l’appartenenza al sobborgo popolare di Sarajevo da cui proviene, mahala Otoka. Il luogo dove è cresciuto, abitando in 35 metri quadrati con 15 persone, tra le macerie di una città martoriata dalla guerra. Edin aveva 5 anni quando nel 1992 la Bosnia dichiarò l’indipendenza dalla Jugoslavia, sancendo l’inizio di un conflitto sanguinosissimo e dell’ assedio di Sarajevo, durato 4 anni, il più lungo attacco a una capitale nella storia della guerra moderna.

I cartelli “Pazi Snajper!” (Attenti, cecchini!) nelle vie centrali di Sarajevo, 1993 (AP /Michael Stravato)

Tra il ’92 e il ’95 praticare sport in città è praticamente impossibile, ma soprattutto rischioso: ad ogni angolo delle strade sono appesi cartelli con su scritto Pazi Snajper, «Attenti ai cecchini», e non ci sono luoghi sicuri per ripararsi dalle bombe. Figurarsi per giocare a calcio. Proprio nel campetto in cui Dzeko aveva iniziato a tirare i primi calci al pallone, nel 1993, piovono tre granate. Quel giorno, racconta il bomber, sua madre Belma gli aveva vietato di uscire, salvandogli la vita. Alla fine del conflitto il Paese è distrutto, con più di 100.000 vittime, di cui 12.000 a Sarajevo.

L’esordio – Dalle rovine e dalla cenere della capitale il giovane Edin incomincia a farsi notare per le sue doti sportive: Jusuf Šehovic, allora responsabile delle giovanili dello Željeznicar (società calcistica della massima serie bosniaca), lo accoglie in squadra a 10 anni, dove matura giocando come trequartista e sognando di diventare il futuro Andrij Shevchenko. A 17 anni esordisce tra i professionisti, trovando poco spazio perché fuori posizione: è in questo contesto che prende il soprannome di Kloc, il Lampione, un appellativo che da quelle parti si dà alle persone alte (Dzeko è alto 1,93 cm), un po’ goffe e con un carattere gentile. Tre rete in totale e prestazioni anonime, che spingono la società a vendere il ragazzo al Teplice, squadra della Repubblica Ceca, per 30.000 euro.

Edin Dzeko da bambino allo Željeznicar (Il Romanista)

Da Lampione a campione – Per Edin è il punto di svolta. La società lo gira subito in prestito alla squadra di seconda divisone Usti nad Labem. È proprio qui che il giocatore incontra Jirí Plísek, allenatore che capisce le doti da bomber del ragazzo e lo sposta attaccante: il bosniaco comincia a segnare e inventare giocate spettacolari, convincendo il Teplice a riportarlo a casa già a gennaio. Tra 2005 e 2007, il bottino di Dzeko è di 22 gol e 15 assist: una crescita tecnica e tattica che trasforma il giocatore da Lampione a campione , facendolo diventare uno dei giovani attaccanti più osservati dai club dell’Europa Centrale.

La consacrazione in Bundesliga  – Il 2007 è un anno importante per la carriera del centravanti: il 2 giugno, al debutto con la Nazionale maggiore, Edin sigla il 2-2 in Bosnia-Turchia, poi finita 3-2 per i Dragoni (soprannome della selezione bosniaca). A settembre, il Wolfsburg di Felix Magath lo acquista per 4 milioni di euro insieme al suo compagno di reparto Grafite, con cui compone una solida coppia d’attacco. 19 gol in due alla prima stagione, otto del bosniaco che è un po’ meno mobile del brasiliano ma più tattico e fisico. Il campionato lo vince il Bayern Monaco, trainato dalle 24 reti di Luca Toni, mentre i Biancoverdi arrivano quinti accedendo ai gironi di Coppa Uefa (l’attuale Europa League). Nel 2008-2009 l’inizio di stagione dei Lupi  non è dei migliori: a gennaio il Wolfsburg è nono e non sembra trovare un equilibrio tattico.

La coppia Dzeko-Grafite con il trofeo della Bundesliga (Dfb)

Il rientro dalla pausa è clamoroso: 10 vittorie di fila, 5-1 al ritorno con la diretta rivale Bayern Monaco e vittoria della Bundesliga. Il motivo? Il tandem Dzeko-Grafite è inarrestabile: il bosniaco chiude il campionato a 26 reti, il brasiliano a 28. Insieme, con 54 marcature, diventano la coppia più prolifica della storia della massima lega tedesca. Oltre alle reti, Edin sigla 10 assist e viene votato come tredicesimo giocatore dell’anno nella classifica del Pallone d’Oro. In patria il bomber prende il nome di Dijamant, il Diamante, mentre in Europa diventa per tutti il Cigno di Sarajevo: un soprannome evocativo, un paragone onorevole visto che l’ultimo giocatore a portare il nome di cigno era stato un certo Marco Van Basten.

Il passaggio in Inghilterra – Dzeko chiude l’ultima stagione in Germania con altre 22 marcature, da capocannoniere, affermandosi come uno dei centravanti più forti d’Europa. Le sue prestazioni convincono il Manchester City di Roberto Mancini ad acquistarlo a gennaio 2011 per 35 milioni. La competizione nel reparto offensivo dei Citizens è altissima, ci sono gli argentini Tevez e Aguero e un giovanissimo Balotelli: Edin alla prima stagione parte come riserva e fatica ad adattarsi, ma contribuisce comunque alla vittoria del primo campionato vinto sotto la presidenza dello sceicco Mansour. Quattordici gol, uno dei quali nella partita decisiva per il titolo con il Qpr all’ ultima giornata. Nella stagione successiva, il bosniaco si ripete con la stessa cifra partendo dalla panchina: i tifosi lo chiamano SuperSub, Super Sostituto, quasi sempre decisivo quando entra. Con il nuovo allenatore Pellegrini nella stagione 2013-2014, Edin traina la squadra con 16 reti alla vittoria della quarta Premier League dei Citizens, conquistandosi la titolarità. Un infortunio al polpaccio, tuttavia, lo ferma per metà della stagione successiva, la peggiore della sua carriera in termini realizzativi (6 reti).

Edin Dzeko e Sergio Aguero festeggiano il goal vittoria del Manchester City nel campionato 2011-2012 (The Sun)

Il City si è rafforzato, Dzeko non è più nelle grazie della tifoseria e della società: serve una nuova sfida, una piazza che dia spazio al campione. Nell’estate del 2015, il compagno di nazionale Miralem Pjanic lo convince a trasferirsi a Roma. Il centravanti firma un accordo con i giallorossi e arriva in Italia per 15 milioni.

Tutte le strade portano a Roma – L’ accoglienza al Cigno di Sarajevo a Fiumicino è incredibile. Migliaia di tifosi aspettano Dzeko fuori dal terminal con sciarpe e bandiere: sembra che Roma abbia ritrovato un nuovo idolo. La prima annata del bosniaco tuttavia non è delle migliori. 10 gol in 39 partite, errori clamorosi sotto porta e nervosismo sollevano critiche e dubbi sull’effettivo valore del numero 9 giallorosso. Edin però è un professionista, accoglie la frustrazione del popolo romano e si prepara alla nuova stagione con attenzione, recuperando la forma fisica che lo aveva caratterizzato in passato. Grazie anche alla fiducia di Luciano Spalletti, Edin gioca un campionato incredibile, raggiungendo il record personale di goa e diventando il miglior marcatore della storia giallorossa in una singola stagione, con 39 centri complessivi.
È il 2017, l’anno dell’addio al calcio di Francesco Totti. La fine di un epoca, che segna anche l’addio del tecnico di Certaldo e l’arrivo di Eusebio Di Francesco. Al debutto in Serie a, il tecnico abruzzese trova il giusto equilibrio nella squadra e fa di Dzeko il perno offensivo insostituibile: 16 reti in Serie A, 8 nella massima competizione europea, di cui una con il Chelsea votata come migliore marcatura della competizione della stagione. La Roma chiude il campionato terza e arriva in semifinale di Champions League, uscendo con il Liverpool.

Con l’addio di Alessandro Florenzi, Edin Dzeko diventa capitano e il 1° febbraio 2020 raggiunge la centesima marcatura con la maglia giallorossa. Qualche mese dopo, il bosniaco diventa il giocatore straniero più prolifico della storia giallorossa: chiuderà l’era romana al terzo posto nella classifica dei goleador della Roma di tutti i tempi, dopo Pruzzo e Totti, con 119 gol in 260 presenze. I rapporti di tensione con il nuovo mister Paulo Fonseca e la poca continuità della squadra segnano la fine dell’esperienza nella capitale del Cigno, che nell’agosto del 2021 passa a parametro zero all’Inter.

Milano nerazzurra, presente e futuro – Dzeko arriva in un momento complesso per la squadra nerazzurra. Il cannoniere Romelu Lukaku è appena passato al Chelsea e lui, a 35 anni, deve sostituirlo nella squadra neo campione d’Italia. L’impatto è più che positivo: nella prima stagione in neroazzurro il realizza 17 gol e 10 assist in 49 partite, dimostrando che nonostante l’età le sue qualità tecniche sono fondamentali. Alla prima annata con l’Inter Edin conquista i suoi primi due trofei in Italia: la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana.

Il goal di Edin Dzeko nella finale di andata di Champions League con il Milan (Corriere della Sera)

In questa stagione, a 37 anni, Edin Dzeko ha segnato 13 reti (di cui 4 in Champions League), rivelandosi il vero uomo decisivo dell’Inter e superando i 100 gol in Serie A. In attesa del ritorno della semifinale di Champions programmata martedì 16 maggio con i cugini del Milan, Edin Dzeko attende il rinnovo con la maglia nerazzurra, sperando di entrare nella storia del club a suon di giocate e successi.