La pesante sconfitta nell’ultimo mondiale di Formula 1 ha lasciato il segno. In casa Ferrari salta il direttore del team Maurizio Arrivabene, leader a Maranello negli ultimi quattro campionati. Dovrebbe lasciare il posto a Mattia Binotto, Chief Tecnical Officer della scuderia dal 2016, protagonista del rilancio tecnico della vettura e molto ben visto dai vertici della controllante Fca. L’indiscrezione, lanciata dalla Gazzetta dello Sport, potrebbe avere ricevere presto conferme ufficiali. Ad Arrivabene sarebbe imputata la pesante débacle degli ultimi mesi della stagione scorsa: non solo la perdita della vetta della classifica da parte di Sebastian Vettel, pilota di punta della Rossa, ma anche la successiva incapacità di contrastare il dominio di Lewis Hamilton e della sua Mercedes.

Guerra tra le parti – La situazione in Ferrari era diventata molto pesante a cavallo tra estate e autunno. Dopo la morte del presidente Sergio Marchionne e l’inizio della spirale negativa del tedesco Vettel dal Gran Premio (Gp) casalingo di Hockenheim del 22 luglio, c’è stato uno scollamento interno. Da una parte la componente tecnica della squadra, presieduta appunto da Binotto, che accusava team principal e piloti di un’errata gestione dei momenti delicati del mondiale. Dall’altra, le critiche per nulla velate di Arrivabene per il mancato sviluppo della monoposto nelle ultime gare. Accuse ritenute poco fondate dai vertici, soprattutto dal nuovo presidente John Elkann, dal momento che la Ferrari aveva spesso dimostrato di essere più veloce di tutte le rivali sulla maggioranza delle piste.

Gli elementi di rottura – Un punto di svolta è stato rappresentato dal controverso Gp di Monza disputato il 2 settembre. Il mancato ordine di scuderia a Kimi Raikkonen, autore della pole position, di lasciare subito la testa della gara al compagno di squadra Vettel, è stato considerato una mossa sbagliata. Il tedesco poi, nel tentativo di difendere la sua seconda posizione da Hamilton, è finito in testacoda, ponendo la pietra tombale sulle sue speranze mondiali. Il team principal, accusato assieme al pilota di non aver saputo capitalizzare l’evidente superiorità della propria vettura, ha provato a tirare acqua al suo mulino nei Gp di Suzuka (Giappone) e Sochi (Russia), a stagione ormai compromessa. La sua aggressiva esposizione mediatica verso gli ingegneri per l’assenza di crescita dell’auto si è rivelata un boomerang fatale.

Il nuovo responsabile – Mattia Binotto, classe 1969, aveva pensato di abbandonare la Ferrari per il clima di tensione creatosi a Maranello. Non mancavano numerose offerte da altri team. John Elkann, sempre secondo le informazioni rivelate dalla Gazzetta, non ha voluto però privarsi dell’ingegnere in grado di rendere competitiva la scuderia, per la prima volta, nell’era della motorizzazione turbo-ibrida. Pesa inoltre la sua formazione, avvenuta interamente nella famiglia Ferrari, dove entrò nel 1995 come ingegnere motorista nella squadra test. Una scalata ai vertici condotta con costanza e che aveva trovato in Marchionne l’indispensabile appiglio per la definitiva realizzazione. Per i beninformati, lo scomparso manager di Fca aveva individuato in Binotto il proprio referente privilegiato all’interno del team e il possibile successore di Arrivabene. La posizione di quest’ultimo sembrava essersi rafforzata con la nomina di Louis Carey Camilleri come successore di Marchionne nella carica di amministratore delegato. I due avevano già lavorato a fianco per anni nella Philip Morris. Alla fine però ha prevalso la posizione di Elkann, amareggiato per la conclusione di una stagione non conclusasi secondo le aspettative e con i risultati della prima metà sperperati nei mesi successivi.