Pavel Nedved e Andrea Agnelli, coinvolti nell’inchiesta

«Abbiamo ingolfato la macchina con ammortamenti e soprattutto la merda». Sono di questo tenore le frasi agli atti dell’inchiesta Prisma sulla Juventus, condotta dalla procura di Torino su stipendi e plusvalenze. I magistrati hanno chiuso le indagini il 24 novembre scorso con la richiesta di rinvio a giudizio per 12 persone. Tra questi, l’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli, che pronunciava quelle parole senza sapere di essere intercettato. Nei prossimi cinque giorni, il giudice dell’udienza preliminare fisserà la data dell’inizio del processo. Intanto, l’Uefa ha aperto un’indagine sulla Juventus per “potenziali violazioni dei regolamenti sulle licenze per club e sul fair play finanziario”. 

Dalle plusvalenze alla crisi – Due i fattori al centro delle indagini: stipendi e acquisti, che la società è accusata di aver gestito in modo illecito. A spiegare gli effetti delle azioni finanziarie della Juventus sono le parole del direttore sportivo Federico Cherubini, che non risulta indagato. «Quando il nostro giocatore peggiore guadagna come il migliore dell’Atalanta… », commenta Cherubini captato dagli inquirenti. E aggiunge che «Fabio (Paratici, ex direttore sportivo oggi indagato, ndr) ha drogato il mercato: Kulusevski o Chiesa sono ottimi giocatori ma quando li abbiamo comprati noi li abbiamo pagati troppo». Per la Procura di Torino, il comportamento finanziario della Juventus avrebbe generato «una bolla» nel mercato. Da un lato, la società è sospettata di aver alimentato il sistema delle plusvalenze false, o a specchio, cioè la compravendita di giocatori a prezzi gonfiati, inserendo così nei bilanci un valore patrimoniale più alto di quello reale. Dall’altro, pesa la cosiddetta manovra stipendi, una serie di operazioni per cui il club avrebbe spalmato gli stipendi dei giocatori in anni e bilanci diversi. L’accusa che i bianconeri temono di più è l’aggiotaggio, perché le intese sugli stipendi hanno permesso alla società di registrare aumenti percentuali sulle quotazioni in borsa. Accordi che il dirigente intercettato Stefano Bertola ha definito «scriteriati». 

La “manovra stipendi” – Ufficialmente i calciatori avrebbero rinunciato a quattro mensilità a causa del lockdown, mentre nei fatti avrebbero perso un solo stipendio e incassato gli altri nelle stagioni successive. I fatti riguarderebbero 17 calciatori che avrebbero concordato una finta riduzione dello stipendio tra il 2020 e il 2021. Sono due, però, le testimonianze più importanti per i magistrati dell’inchiesta: quelle di Paulo Dybala e Merih Demiral. «C’è scritto che rinunciamo a quattro mesi ma non che avevamo già l’accordo sulle tre mensilità, che erano certe» – diceva Dybala ai magistrati. «Ricordo che per aiutare il club era necessario rinunciare a quattro mesi di stipendio, che poi mi sarebbero stati restituiti in pieno a partire dalla stagione successiva», dichiarava invece Demiral, che avrebbe percepito tre stipendi dopo aver lasciato la Juve. Oggi i magistrati ritengono che a motivare queste manovre non fosse la pandemia, come dichiarato dalle note ufficiali della società, ma che il Covid abbia inciso su «una situazione già compromessa». A peggiorare il quadro sarebbero le chat Whatsapp tra giocatori emerse nelle scorse ore. Nel gruppo “JuventusTeam”, alla vigilia del comunicato con cui la Juve annunciava la sospensione degli stipendi, l’ex capitano Giorgio Chiellini spiegava via messaggi agli altri calciatori come sarebbero funzionate le cose. «Vi arriverà un foglio – scrive Chiellini – che vale tutto e niente». Con questa lettera, i calciatori si impegnavano a non incassare i loro salari fino a fine stagione «per aiutare il club». Nelle chat del team, però, Chiellini chiariva che: «Saranno contattati i vostri avvocati o agenti e nello stesso momento saranno firmati i contratti validi per questa stagione e la prossima».

L’inchiesta – È attesa a breve la data scelta dal giudice per le udienze preliminari per la prima udienza del processo Prisma. La procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per 12 persone, tra cui  Andrea Agnelli, che lo scorso 28 novembre ha annunciato le dimissioni da presidente della Juventus. Tra gli altri indagati ci sono l’ex vicepresidente Pavel Nedved e l’ex amministratore delegato Maurizio Arrivabene. Per il ministro dello Sport Andrea Abodi, intervenuto alla presentazione del Codice di giustizia sportiva Figc, il caso Juve «probabilmente non rimarrà il solo». Intanto la Uefa ha aperto un’indagine sulla Juventus per presunte violazioni del fair play finanziario. Per le plusvalenze e le manovre sugli stipendi emersi nell’ambito dell’inchiesta Prisma, la società è sospettata di non aver rispettato il sistema di regole europee sul pareggio di bilancio.