Non si ha l’autismo ma si è autistici, e Lucy Bronze del suo essere ne ha fatto un superpotere. Calciatrice del Chelsea e della Nazionale inglese ha raccontato per la prima volta in un’intervista alla Bbc delle sue diagnosi di autismo e ADHD. Un passo importante per la normalizzazione della neurodiversità nel mondo del calcio e non solo.

Non una novità –  Bronze è venuta a conoscenza della sua condizione nel 2021 ma per lei non fu una vera notizia. «Era qualcosa che in un certo senso sapevo da sempre», ha detto la calciatrice. Sua madre ne parlava fin da quando era piccola, dopo aver notato degli atteggiamenti particolari nella figlia. Non fu certo una novità ma di sicuro la diagnosi le ha permesso di imparare qualcosa in più su sé stessa: «Ho capito perché in certe situazioni vedevo le cose in modo diverso dagli altri o mi comportavo in modo diverso». Diverso perché l’ADHD comporta costante disattenzione e iperattività, mentre l’autismo caratterizza il mondo in cui le persone percepiscono e interagiscono con il mondo. Ecco perché Bronze dice di aver sempre cercato di copiare il comportamento delle persone attorno a lei.

Il motivo del successo – Secondo la calciatrice è stato proprio l’autismo a renderla la sportiva vincente che è oggi. La sua carriera parla da sola. Ha iniziato a livello agonistico già a 16 anni, esordendo con la squadra inglese del Sunderland. Le sue qualità sono emerse in poco tempo e l’hanno portata a vestire le maglie dei migliori club europei: Liverpool, Manchester City, Lione, Barcellona e da quest’estate il Chelsea. È tra le calciatrici più vincenti della storia del calcio femminile con 22 trofei, tra cui cinque Champions League e gli Europei con l’Inghilterra nel 2022. È arrivata seconda al Pallone d’Oro nel 2019 e ha vinto la medaglia d’argento ai Mondiali 2023. Con la sua Inghilterra è la sesta miglior giocatrice per presenze, essendo scesa in campo 129 volte con la maglia delle Lionesses. Il segreto per una carriera così vincente per Bronze sta proprio nel suo essere autistica: «Come elaboro le cose mi rende super-concentrata. La gente dice che sono appassionata di calcio ma io non direi appassionata: sono ossessionata». Ancora oggi a 33 anni è tra le migliori nel mondo con prestazioni fisiche ad altissimi livelli. Lo sport poi è stato anche la sua salvezza: «Allenarmi ogni giorno è fantastico per me, mi dà qualcosa da fare, un obiettivo a cui puntare e qualcosa per cui continuare a muoversi».

Contro lo stigma sociale – Bronze ha sempre cercato di mascherare il suo essere autistica, ma oggi non lo fa più. Per chi è autistico, nascondersi dietro quella che si considera “normalità” è tra le forme di protezione più comuni, influenzati dal paradigma di una società neurotipica. Ecco perché dichiarazioni da parte di personaggi pubblici come Lucy Bronze aiutano ad eliminare lo stigma sociale che ancora c’è. La calciatrice è anche diventata ambasciatrice della National Autistic Society. «Non credo che avrei potuto farlo cinque o sei anni fa. Ci sono voluti anni per diventare la “Lucy Bronze del calcio”, il che mi ha dato la forza per sentirmi bene con me stessa. Non voglio che gli altri provino il mio stesso disagio».