Partite rinviate, stadi deserti, incertezza per il futuro. Non è il calcio ai tempi del coronavirus, ma lo scenario della Divisione Nazionale 1944, il campionato che la Repubblica di Salò organizzò di fretta e furia mentre l’Italia era spaccata in due dalla guerra civile e dall’occupazione nazi-fascista. Anche in quel caso, ma per motivi diversi, la crisi che stava attraversando il Paese aveva messo a rischio la competizione e costretto a rivedere le regole. Gironi regionali, un permesso che permetteva ai giocatori di allenarsi con altre squadre ed evitare il fronte. Problemi negli spostamenti, la stanchezza e la paura di morire. Nonostante queste difficoltà, il torneo arrivò alla fase finale: ed è allora che si avverò la favola dello Spezia, squadra affiliata al corpo dei vigili del fuoco. Contro ogni pronostico batté il Grande Torino, in un’epica partita a Milano. Fu il primo e unico titolo per i liguri, che nella loro storia non sono mai stati in Serie A e che hanno aspettato fino al 2002 per il riconoscimento ufficiale di quell’impresa.

La formula bellica – Luglio 1943. Benito Mussolini sta per essere sfiduciato dal Gran consiglio del fascismo, gli Alleati progettano l’invasione del territorio italiano. In questo clima di incertezza la Figc decide che non si potrà giocare un campionato unico: i fatti danno ragione alla Federazione, perché da lì a poco ci sarà lo sbarco in Sicilia e la dissoluzione del Regime. Così, una volta creato il nuovo stato, la Repubblica sociale italiana, si riorganizzarono anche gli organi sportivi. La sede delle federazioni si spostò da Roma a Venezia. Il nuovo presidente del Coni, Ettore Rossi, impostò le basi per un nuovo torneo che escluse il Sud Italia. Ci fu una prima fase con sette campionati regionali: quello piemontese-ligure, quello lombardo, quello veneto, quello giuliano, quello emiliano, quello toscano e quello romano. Poi, nell’aprile del ’44, furono creati tre gironi di qualificazione composti dalle prime due classificate di ogni campionato. Le vincitrici di questi 3 gironi interzonali avrebbero poi disputato le finali insieme alla formazione campione del torneo romano. Ma la guerra sconvolse di nuovo i piani dello sport. Roma fu conquistata dagli Alleati e in finale ci andarono solo tre squadre: Torino, Venezia e la sorpresa Spezia.

Nuove regole – Nuovo format, ma anche nuove regole per i tesseramenti dei calciatori. Nell’estate del ’43 la Figc aveva bloccato tutti i trasferimenti fino a data da definirsi. Poi, con la riorganizzazione degli organi federali in Alta Italia, fu permesso agli atleti di associarsi liberamente ad altre squadre in varie parti del Paese. Sempre, però, con il permesso della società di appartenenza e la promessa di ritornare al club di origine dopo la guerra. L’arruolamento in corpi militari o l’affiliazione delle società ad aziende belliche agevolava la creazione di nuove squadre ed evitava che molti calciatori andassero a combattere. Fu così che il famoso bomber della Lazio Silvio Piola abbracciò i colori del Torino Fiat, con la formazione granata che si affiliò a una azienda bellica (poi diventata proprietaria della storica rivale Juventus) per evitare che i suoi giocatori divenissero soldati. Allo stesso modo, la Juventus divenne la Cisitalia Juventus e l’A.C. Spezia divenne il Gruppo Sportivo 42º Corpo dei Vigili del Fuoco.

I vigili del fuoco dello Spezia, fonte Wikipedia

L’ultimo uomo – Alla vigilia del torneo lo Spezia si trovava in crisi. Il suo presidente, Coriolano Perioli, era stato deportato nei lager. Il suo successore, Giacomo Semorile, si accordò con i vigili del fuoco pur di disputare il campionato e si iscrisse al girone emiliano, perché i collegamenti con il Piemonte erano interrotti. Le partite casalinghe non si giocarono tutte allo stadio Picco, inagibile per i bombardamenti, ma a Carpi. La squadra si spostava in un’autobotte. E ogni tragitto verso l’Emilia-Romagna era un viaggio della fortuna, tra bombardamenti, fame e alimenti di contrabbando da nascondere per poi scambiare con gli avversari. Alla guida degli aquilotti c’era da un anno Ottavio Barbieri, in passato campione d’Italia col Genoa e giocatore della nazionale. Un innovatore: il suo credo tattico era il mezzosistema, un modulo difensivo che è l’antenato del celebre ‘’catenaccio’’, imparato quando era il vice dell’inglese William Garbutt al Genoa. Barbieri insisteva sulla figura del libero, un “ultimo uomo” posizionato dietro la linea difensiva, pronto a intervenire qualora venisse scavalcata. I risultati gli diedero ragione. Lo Spezia vinse il suo raggruppamento raggiungendo le finali.

Le giornate di Milano – Siamo all’epilogo. La fase finale è un triangolare tra Spezia, Venezia e Torino e si disputa a Milano. Lo Spezia deve affrontare il Venezia e ha le divise fradicie per la pioggia: non ha quelle di ricambio, così i giocatori tentano di asciugarle con il fuoco. Evidentemente il loro mestiere era davvero un espediente, perché i vigili spezzini bruciano magliette e pantaloncini. In campo entrano in condizioni pessime: stanchi dal viaggio e bruciacchiati. La Gazzetta dello Sport li definisce addirittura ”barboni”. Ma i barboni, sfavoriti sulla carta, si fanno valere e guidati da Tori e Angelini strappano un pareggio definito dai media “sorprendente”. Così ci si gioca tutto con i campioni in carica, il Torino del mitico allenatore Vittorio Pozzo (due Mondiali consecutivi con gli azzurri), del bomber  Piola e di un giovane ma già talentuoso Valentino Mazzola. I granata sono già la squadra leggendaria che avrebbe dominato in Italia negli anni successivi fino al drammatico schianto aereo di Superga del 1949. Un undici di campioni che è sicuro di vincere e sottovaluta gli avversari. I granata vanno a salutare gli aquilotti prima della partita: un errore fatale dato che i vigili si sentono derisi e in campo danno tutto. La finale è epica: una doppietta di Angelini permette a Barbieri di superare il Torino, a cui non basta il momentaneo pareggio di Piola. Nell’ultima partita i granata battono il Venezia, così Barbieri e i suoi si aggiudicano il torneo.

Gloria riconosciuta – La gioia, però, durò poco perché sin da subito vennero sollevati dubbi sulla validità del torneo. Molti in Figc pensavano che quel campionato, giocato in condizioni di emergenza e senza la partecipazione delle squadre del Sud, non potesse valere come lo scudetto. Così lo Spezia ha dovuto aspettare quasi sessant’anni di petizioni, ricerche e appelli per avere un riconoscimento nel 2002. La federazione accolse parzialmente le istanze degli spezzini assegnando un titolo nazionale onorifico. Non proprio uno scudetto, ma pur sempre un qualcosa di ufficiale.