ANSA/ CIRO FUSCO

Napoli si è risvegliata tramortita. Dopo i cori cantati fino a notte fonda ai piedi del San Paolo illuminato a giorno, la città deve realizzare ciò che non avrebbe mai voluto: “D10s è morto”, come ha titolato in prima pagina il Corriere del Mezzogiorno. Diego Armando Maradona ha lasciato questo mondo, ma «il legame con la città di Napoli resta indissolubile» afferma Enzo D’Errico, direttore del quotidiano. In un’epoca in cui i pensieri sono monopolizzati dalla pandemia, i napoletani stanno organizzando via WhatsApp un omaggio a prova di zona rossa: questa sera, prima della partita prevista per le 21.00, le finestre di Napoli saranno illuminate dalla luce delle candele. Dopo un minuto di silenzio partirà «il più grande applauso mai sentito nella storia della città».

L’esordio – il mito di Maradona era iniziato ben prima di quel 5 luglio 1984. Esordì in un San Paolo gremito, accorsero ad accoglierlo 80.000 persone. L’adozione di Dieguito è iniziata quel giorno, culminata con il riconoscimento della cittadinanza onoraria nel 2017. «Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono com’ero io quando vivevo a Buenos Aires», questa la sua prima dichiarazione ai giornalisti. Da poverissimo a ricchissimo, tra sperperi e recuperi, non ha mai dimenticato il disagio che ha accompagnato la sua infanzia. La puzza di muffa che invadeva la casa di Lanùs (Buenos Aires) in cui è nato gli ha permesso di non spaventarsi nemmeno quella volta in cui, nel 1985, ha giocato una partita in campo di fango ad Acerra. Perché era abituato. Perché era in onore di un bambino malato e povero, un bambino come quello che era stato lui.

L’alchimia perfetta – «Napoli è una città che vive di eccessi. Maradona si è identificato con lei anche per questo» racconta D’Errico. Il calciatore argentino è adorato non solo per avere regalato alla città due scudetti, ma soprattutto per aver creato «un’alchimia perfetta» tra lui e i napoletani. Una storia d’amore in piena regola. «Per le strade dei Quartieri Spagnoli, dopo l’annuncio di ieri, c’è stata una processione. I lumini invadono la strada davanti al suo murales». La devota Napoli omaggia “El Pibe de oro” come si fa con un santo. «I napoletani, dimenticati da tutti e a loro volta smarriti in se stessi, in lui vedevano l’incarnazione del riscatto» aggiunge ancora il giornalista. I rapporti con la camorra, l’abuso di droghe e alcol, i colpi di testa, non sono riusciti a spegnere la luce calda e confortante che sembrava emanare a beneficio della gente comune. Lui, che era il primo, ha fatto sentire meno emarginati e soli gli ultimi tra gli ultimi. Il suo talento e la sua voglia di sentirsi amato lo hanno reso l’incarnazione delle contraddizioni, proprio come Napoli: «È stato il calciatore più grande di tutti i tempi, ma fuori dal campo ha dissipato il proprio talento, pur rimanendo una persona unica per la sua generosità» continua Enzo D’Errico.

Te Diegum – La mano de Dios ha messo d’accordo tutti, tifosi e intellettuali. “Te Diegum, genio, sregolatezza e bacchettoni”, diventato un libro, è una tavola rotonda nata  nel ’91 per rendere omaggio a Diego che lasciava il Napoli. L’idea è venuta durante una cena a casa dell’avvocato penalista Claudio Botti. Il professore Oscar Nicolaus ha raccontato al Corriere del Mezzogiorno l’unica volta che ha conosciuto Diego: «Io giocavo a tennis e l’ho incontrato al Tennis Petrarca dove faceva allenamenti suppletivi con il suo preparatore Signorini. Gli ho stretto la mano, un giorno indimenticabile. Con lui muore un simbolo della bellezza e della gioia. La sua grandezza era concentrata nel suo piede sinistro, ma anche nella sua umanità, nel suo carisma». «Ho tardato a metabolizzare la notizia», confessa Vittorio Dini, un altro fondatore del Te Diegum, «mi ero convinto che fosse immortale visto che era risorto tante volte. Anche stavolta pareva aver superato brillantemente l’operazione al cervello. Resta immortale. Anche in Francia, sui principali quotidiani, lo hanno definito un Dio. Credo sia proprio vero, ma noi napoletani lo abbiamo capito prima di tutti».

L’omaggio – Nonostante la legge preveda che debbano passare almeno 10 anni dalla morte, il sindaco Luigi De Magistris ha annunciato che il San Paolo diventerà lo stadio “Diego Armando Maradona”. Il vecchio impianto di Fuorigrotta diventerà il secondo al mondo intitolato a Maradona, dopo quello dell’Argentinos Juniors di Buenos Aires in cui Diego ha iniziato la sua carriera. La sua squadra non avrà nemmeno il tempo di metabolizzare il lutto: questa sera il Napoli giocherà in casa contro il Rijeka per la quarta giornata di Europa League.